lunedì 12 gennaio 2015

STUDIARE: DIRITTO O DOVERE? 10 CONSIGLI PER FAR INTERESSARE I PROPRI FIGLI ALLO STUDIO


È universalmente noto che la maggior parte dei bambini e dei ragazzi non ami studiare: “è noioso”, “mi secca”, “preferisco fare altro”… sono tra le frasi più frequenti che noi genitori ci sentiamo ripetere.
“Vai a studiare”, “devi studiare”, “studia”, “ancora non hai iniziato?” sono le frasi più frequenti che, invece, si sentono ripetere i nostri figli.

In questa dinamica genitori figli chi è che domanda qualcosa a qualcun altro? Il genitore!!
Il genitore domanda al figlio di studiare!
Davanti alla domanda del genitore il figlio ha due possibilità: dire di sì o dire di no!

Ma è proprio vero che studiare sia una domanda del genitore? Come è possibile che ciò che era un diritto acquisito con grande sofferenza e sacrificio nel corso dei secoli, sia diventato ad un tratto un dovere???
Purtroppo spesso i nostri figli non riflettono sull’importanza dello studio, in quanto studiare è l’unica maniera per non essere assoggettati dall’altro, l’unico modo per essere liberi, liberi di pensare, di scegliere, di crearsi delle possibilità.
I ragazzi tutto ciò non lo considerano, e si ritrovano davanti qualcuno che chiede loro delle performance, sufficienti, alte, eccellenti, non importa, pur sempre delle performance, completamente distaccate dalla vita di tutti i giorni, delle performance che per i ragazzi sono fini a se stesse.
“Che me ne faccio della storia?”, “A che cosa mi servirà nella vita la geografia”, “Che senso ha studiare la grammatica”, etc. etc. Quante volte ce lo hanno ripetuto?
E quali sono le nostre risposte? Quali sono le risposte che ognuno di noi dà a queste domande dei nostri figli, domande assolutamente fondate?

È proprio qui il nocciolo della situazione! Il segreto per far sì che i bambini e i ragazzi possano essere motivati allo studio è quello di far notar loro come in ogni aspetto della nostra vita quotidiana ciò che studiamo possa tornarci utile.
Aiutare i nostri figli ad appassionarsi allo studio non è una missione facile, ma non è impossibile. Ci sono dei comportamenti e degli atteggiamenti che possono facilitarci la vita e che devono essere messi in atto fin da subito, fin dalle scuole elementari, perché anche se lì le cose sembrano più semplici da gestire verrà un momento, dalle scuole medie in poi, in cui tutto diventerà più complicato.

Cosa fare allora?

Vediamo insieme 10 punti fondamentali:

1) Studiare non è un bisogno dei genitori
L’errore più grande che si possa commettere è quello di trasmettere ai propri figli che siamo noi ad avere bisogno che loro studino. Quando utilizziamo l’imperativo “Vai a studiare” in realtà noi stiamo formulando una domanda “ti domando di studiare”, stiamo dicendo, tra le righe, che è importante per noi che loro studino, il che equivale a dire che loro ci stanno facendo un favore! Non è così! Se nostro figlio studia il favore lo sta facendo solo a se stesso!! Ma lui non lo sa! I bambini ed i ragazzi non pianificano a lungo termine, vivono più nel “qui ed ora” per cui per loro il problema si pone in quel momento e va risolto in quel momento, non mettono in atto quella capacità anticipatoria di pensare che ciò che faccio oggi mi servirà domani.
I genitori questo invece lo sanno, ed allora insistono sull’importanza dello studio per il futuro, ma per i ragazzi “c’è sempre tempo!”.
È importante riuscire a far cogliere questo ai nostri figli, parlare del come tutto ciò che facciamo nella nostra vita sia collegato, come il presente sia sempre una conseguenza del passato; se spieghiamo loro questo, mostrando anche degli esempi di vita vissuta, se partiamo dalle loro passioni che spieghiamo loro quale sia la strada migliore per realizzare i loro sogni, allora le nostre richieste non saranno più considerate un nostro bisogno ma il segno di un aiuto che vogliamo dar loro.

2) La funzione dei voti
“Prendo bei voti così mamma e papà sono contenti”! Spesso è quello che ci sentiamo dire dai bambini e dai ragazzi. Attraverso le votazioni che l’insegnante dà il bambino offre ai genitori una loro gratificazione narcisistica “mio figlio è bravo!”.
Nulla di più sbagliato! Se è vero che i voti sono importanti, non lo sono in quanto ritorno narcisistico ma in quanto feedback del rendimento scolastico del bambino. Attraverso il voto il bambino o il ragazzo può rendersi conto se tutto procede per il meglio, se ci sono delle materie in cui vi sono delle difficoltà o delle problematicità.
Il voto non ci dice nulla dell’essere di nostro figlio, non lo identifica né in positivo né in negativo.
Questo deve essere chiaro a noi genitori perché è attraverso il nostro rapporto con i voti e i giudizi degli insegnanti che nostro figlio può responsabilizzarsi rispetto al suo rendimento scolastico.
Se il suo essere viene a coincidere per noi con i voti “se hai voti alti sei bravo, per me vali molto”, “se hai voti bassi sei scarso e per me vali poco” nostro figlio sarà più interessato al voto che alle materie che sta studiando, perderà di vista il vero scopo dell’istruzione scolastica per focalizzarsi sul valore attribuito ai voti.
E ciò sia in positivo, ricercando quindi il voto alto, sia in negativo, continuando a prendere voti bassi e a deludere i genitori.
Il voto alto può essere, al limite, una gratificazione narcisistica solo ed esclusivamente per lui. Può essere il segno che ha studiato bene, che si è impegnato e che l’insegnante lo stima e lo premia.
Se c’è una relazione all’interno della quale il voto è importante non è la relazione con i genitori ma la relazione con l’insegnante. È in questa dialettica che il voto diventa importante!!
Per i genitori i voti sono soltanto degli indicatori, di qualcosa che funziona o di qualcosa che non funziona (come vedremo meglio quando parleremo delle eventuali punizioni).

3) Interessarsi a ciò che lui sta studiando
Se c’è un modo per far appassionare nostro figlio a ciò che studia è mostrare di esserne interessati anche noi. Se un bambino o un ragazzo ci deve ripetere una materia orale per lui sarà diverso se la ripeterà ad una persona che cerca solo di valutare se ha studiato bene o no oppure ad una persona che mostra interesse per quello di cui il figlio gli sta parlando.
Inoltre è sempre utile cercare di fare dei collegamenti tra quello che i nostri figli studiano e la vita reale, per esempio ricordando un luogo visitato in un viaggio oppure ricordando delle storie di vita familiari (racconti dei nonni, etc.).
Tante materie che i bambini studiano alle scuole elementari e alle scuole medie le abbiamo studiate anche noi, per cui potrebbe essere una buona strategia quella di “approfittare” del fatto che nostro figlio le stia studiando per “rinfrescarci la memoria”; vederci interessati e coinvolti probabilmente rende loro lo studio meno noioso.

4) Fare studiare i nostri figli da soli
Seguire i nostri figli nello studio, però, non significa affiancarli costantemente o peggio ancora far le cose al posto loro.
I bambini si devono abituare fin da subito a studiare da soli. Ciò li aiuta sia sul piano dell’autonomia sia su quello dell’autostima. Un bambino che studia con un adulto accanto avrà sempre la sensazione di non essere capace di farlo da solo, di aver sempre bisogno dell’altro!
Può darsi che sia una richiesta del bambino quella di averci accanto mentre fa i compiti. Perché ce lo chiede? Quando siamo seduti accanto a loro mentre studiano ci verrà quasi spontaneo aiutarli, correggerli e questo a loro fa comodo! Allora piuttosto che dire “No! Devi studiare da solo!”, possiamo sederci con loro e poi con una scusa allontanarci per qualche minuto, poi per una mezz’oretta e così via, fin quando riusciremo a farli studiare completamente da soli. Una strategia che personalmente ho utilizzato era quella di sedermi accanto a mio figlio e poi “ricordarmi” che dovevo preparare la cena, stirare una camicia, mettere in ordine un cassetto e così via “tu inizia a fare questo compito che intanto io metto in ordine la stanza e poi mi fai vedere quello che hai fatto oppure mi ripeti la storia, la geografia, e così via…”.
Farli studiare da soli li responsabilizza, li aiuta nel processo di acquisizione delle autonomie e soprattutto li fa crescere più sicuri di sé. Ma la nostra presenza è importante! Il genitore deve esserci! Ma deve tenersi, per così dire, a debita distanza. Una presenza non ingombrante, non invadente, non un controllo ma “se hai bisogno di me io ci sono!”, è questo quello che i nostri figli devono percepire!!

5) Non correggere ciò che fanno (non è un compito nostro) e non cancellare ciò che scrivono
Molto spesso i genitori correggono i compiti ai figli. Perché?? Correggere i compiti è una funzione che è riservata agli insegnanti. Sono loro che a partire dagli errori che i loro allievi compiono dovrebbero valutare il livello di preparazione, eventuali difficoltà o carenze. Quando un genitore corregge un compito al figlio non svolge questa funzione, ma semplicemente fa sì che all’insegnante venga consegnato un compito corretto e che il figlio sia valutato positivamente. A chi serve tutto ciò? Di certo non all’insegnante, di certo non allo studente, serve soltanto ed esclusivamente al genitore!! Ma che vuol dire? Perché un genitore dovrebbe proteggere il proprio figlio da una brutta valutazione (benché corretta) dell’insegnante?
Nel mio articolo “Come far crescere un figlio sicuro di sé” ho già parlato dei cosiddetti “genitori spazzaneve”, quei genitori che proteggono i loro figli e che nella risoluzione dei problemi si sostituiscono ai figli stessi; proteggendo i figli, quindi, proteggono anche se stessi dal pericolo di essere valutati negativamente. Una valutazione negativa del figlio, narcisisticamente diventa una valutazione negativa del genitore.
Un’altra cattiva abitudine è quella di cancellare ciò che i figli scrivono per farlo scrivere meglio ed in maniera più ordinata. Niente di più frustrante!!! Immaginatevi di aver scritto qualcosa, mettendoci comunque un impegno e di vederlo cancellato! La frustrazione sale e diventa rabbia ed aggressività. Non dico che non si debba aiutare i figli a migliorare la loro grafia (per quanto sia possibile) o a rispettare le linee ed i quadretti di un foglio, ma di certo non è cancellando il frutto di un loro lavoro (anche se fatto male) che ci si riesce!! Anche per questo non sostituitevi agli insegnanti, è compito loro quello di richiamare all’ordine e al rispetto degli spazi del quaderno o di rimproverare perché ciò che è scritto è illeggibile.

6) Non screditare gli insegnanti (anche quando potremmo avere ragione!)
E veniamo ad una nota dolente! Purtroppo oggi è diventata una cattiva abitudine quella di screditare gli insegnanti dando, già a priori, ragione al figlio quando si lamenta di qualcosa accaduta in classe.
Sempre più spesso i giudizi che i genitori danno sugli insegnanti sono dei giudizi negativi, volti a rassicurare il proprio figlio sulle sue ragioni!!
Nulla di più sbagliato! È risaputo da sempre, lo abbiamo vissuto anche noi da studenti, che le materie che più amiamo sono quelle insegnate dai maestri o dai professori che ci piacevano di più. L’insegnamento non è solo trasmissione di contenuti ma è soprattutto relazione!!
Nel momento in cui voi screditate agli occhi di vostro figlio un insegnante gli state dando una soddisfazione momentanea “i miei genitori sono dalla mia parte”, ma relativamente allo studio non sapete che danno state facendo. Vostro figlio non avrà alcun rispetto per quell’insegnante e non instaurerà quella relazione di stima, di supposizione di sapere che farà sì che egli possa studiare quella materia volentieri.
Probabilmente in alcune occasioni una critica all’insegnante potrebbe essere anche legittima; non tutti gli insegnanti sono debitamente preparati, non tutti riescono ad instaurare delle relazioni significative, etc. ma in ogni caso criticare l’insegnante davanti al proprio figlio è controproducente se il nostro obiettivo è quello che egli studi! Non sto dicendo che si debba fare come facevano i nostri genitori che “acriticamente” davano ragione all’insegnante! Ma può servire per esempio far vedere anche il punto di vista dell’insegnante, cercare di comprendere insieme al bambino o al ragazzo quali possano essere state le ragioni dell’insegnante per un determinato comportamento, restando assolutamente intransigenti per ciò che riguarda l’educazione e le buone maniere nei confronti, in ogni caso, di un adulto. La maleducazione nei confronti dell’insegnante, e in generale nei confronti di chiunque, non può mai avere una giustificazione!

7) Concordare insieme i tempi dello studio e i tempi delle pause
In generale viviamo in maniera più positiva qualcosa se abbiamo la sensazione di poterla gestire piuttosto che subirla. Un errore che spesso noi genitori commettiamo è quello di dettare i tempi dello studio, siamo noi a decidere quando nostro figlio deve iniziare a studiare! In realtà non è detto che debba essere così! “Si ma se non glielo dico io lui non si metterebbe mai a studiare”, “ma se non glielo impongo io lui rimanderebbe all’infinito”, questi sono i commenti che immagino alla mia frase di prima. Commenti assolutamente legittimi! I bambini ed i ragazzi, infatti, non hanno ancora sviluppato una buona capacità di pianificare le azioni ed anche la relazione con il tempo è qualcosa che si va imparando man mano che si cresce. Quindi è vero....se noi non decidessimo i tempi i nostri figli rimanderebbero all’infinito o quanto meno alla sera quando si renderebbero conto che stanno andando a letto impreparati! Eppure si può trovare un compromesso grazie al quale il genitore non impone un orario ma insieme se ne concorda uno “sono le 14 abbiamo appena finito di pranzare, ti riposi un po’ e poi che ne dici di iniziare a studiare alle 15?”. Alle 15 basterebbe ricordare l’ora e l’impegno che il bambino o il ragazzo aveva preso di iniziare a studiare. “Non è così facile!”. E’ vero, non è facile, probabilmente nostro figlio non si alzerà dal divano per mettersi a studiare. Possiamo iniziare a chiedergli di studiare per tutto il pomeriggio, possiamo iniziare ad urlare e a sgolarci oppure possiamo ricordare un’ultima volta l’impegno preso e davanti al suo menefreghismo attendere il momento in cui (e sarà troppo tardi) si renderà conto che ha rimandato fino a che si è fatto troppo tardi. Se per una volta gli facessimo sperimentare che il prezzo da pagare per il suo continuo rimandare è quello di andare a scuola impreparato probabilmente la volta successiva qualcosa potrebbe cambiare. Ma quale genitore tollera che il figlio possa andare un giorno a scuola impreparato? Eppure dovrebbe!! Spesso infatti mi è stato detto “studia all’ultimo momento e poi quando io sono stanca e voglio andare a letto mi devo mettere lì con lui a farlo studiare”, beh perché? Perché per una volta non rispondere “mi dispiace avevi tutto il pomeriggio a disposizione, adesso io sono stanca e vado a dormire, per questa volta andrai a scuola impreparato!”. Se noi fino all’ultimo siamo a disposizione per aiutarlo a fare i compiti, quando non ha studiato per tutto il giorno, gli trasmettiamo il nostro bisogno che lui studi, così come già detto nel primo punto!
Per quanto riguarda le pause, potrebbe essere utile inserire una pausa tra una materia e l’altra, durante la quale fare uno spuntino oppure una piccola distrazione per poi riprendere la concentrazione. Il livello d’attenzione e di concentrazione, infatti, tende a diminuire con il passare del tempo e il rendimento ne è inficiato. Anche in questo caso concordare prima che nostro figlio inizi a fare tutti i compiti quante pause ci saranno e di quale durata lo rassicureranno e renderanno l’impegno un po’ meno gravoso.

8) Far scegliere la materia dalla quale iniziare a studiare
Così come per i tempi e per le pause, anche la scelta della materia dalla quale iniziare a studiare può essere concordata insieme al bambino o ragazzo. Purtroppo, infatti, capita spesso che i genitori diano delle indicazioni che sono più degli imperativi su quale materia iniziare per prima, dando di solito priorità a quelle più difficili per poi arrivare a quelle più facili. Di solito ciò funziona, ma se si concorda anche questo con il proprio figlio, può darsi che egli preferisca iniziare dalle materie più facili per poi dedicarsi a quella più impegnativa. Se non siamo d’accordo, dovremmo quanto meno lasciargli la possibilità di sperimentare se questa strategia possa funzionare o meno, in modo da rendersi conto di persona che la scelta era errata.

9) Non usare le punizioni per lo studio!
Altro tema caldo! Le punizioni!! Che cosa sono le punizioni? “Hai preso un voto basso ed allora ti tolgo il cellulare per una settimana”, “Hai avuto una brutta pagella ed allora non ti mando più a fare sport”, etc. etc. Il modo migliore per fare odiare la scuola è questo!! Certo se condividiamo un’educazione fatta di paura e timore allora il mio discorso non sarà condiviso, ma se vogliamo educare i nostri figli nel rispetto reciproco e nel dialogo allora bisogna utilizzare altre strategie, “e allora che fare? Non studia e lo premio?”, questa di solito è la frase che mi sento dire quando affermo che le punizioni per la scuola non servono. Non si tratta né di punire né di premiare, si tratta di uscire da questa dialettica dei premi e delle punizioni, per entrare nella dialettica del “si paga un prezzo per ogni cosa!”. Responsabilizzare significa mettere il proprio figlio davanti alle conseguenze delle sue azioni. Se piuttosto che studiare preferisce andare in palestra, allora sarete costretti, per il vostro dovere di genitori, a non mandarlo più in palestra visto che non riesce a conciliare le due attività; se non studia perché sta tutto il tempo a chattare con il cellulare, allora vi costringerà e far posare il cellulare in un’altra stanza quando deve studiare. Direte “è la stessa cosa delle punizioni!” Non è così! La punizione è una vendetta e scatena rabbia ed aggressività! Far pagare un prezzo è un modo per responsabilizzare, per dire “ti avevo dato fiducia ma ho visto che ancora non sei abbastanza responsabile ed il mio dovere di genitore mi impone di intervenire”, anche questo scatenerà la rabbia ma non sarà percepita come un’ingiustizia, come nel caso, invece, della punizione e di conseguenza potrà avere degli effetti positivi, di maggiore responsabilità e consapevolezza. Ma prima di ogni cosa, se c’è una difficoltà nello studio, prima ancora dei prezzi da pagare, bisogna cercare di capire dove sta il problema. È facile pensare “è svogliato”! E dopo che ci siamo risposti così? Che facciamo? Che cosa vuol dire “svogliato”!! Forse c’è qualcosa di cui parlare ed da approfondire!

10) Non fare paragoni con noi “Io alla tua età…”
Se c’è una cosa che i nostri figli detestano è l’autocelebrazione dei genitori! “Io alla tua età già facevo questo, quello, etc. etc.”. Ai nostri figli non interessa, né funge da stimolo, anzi ottiene esattamente l’effetto contrario. La nostra autocelebrazione trasmette un messaggio di sfiducia e di critica nei loro confronti “Tu non sei come me”, un messaggio di rifiuto di qualcosa e sotto sotto l’aspettativa che il figlio debba essere come i genitori! Questo almeno è il modo in cui i nostri figli si vivono tutto ciò. Le risposte allora sono quasi spontanee “Beh io non sono come te”, “Io sono diverso da te” etc. I nostri figli fin da piccoli cercano di imporre il loro essere soggetti separati dai loro genitori, differenti da tutti gli altri, unici ai nostri occhi ed agli occhi degli altri. Metterli a confronto con noi, in un confronto in cui, per di più, ne escono perdenti, rappresenta un misconoscimento della loro soggettività, che viene anche criticata, indebolita dal paragone fatto con un altro che è già più grande di loro. In più, l’autocelebrazione può scatenare anche una reazione di stizza, di rabbia e mettere in moto delle dinamiche relazionali che hanno come obiettivo quello di “far scendere dal piedistallo” il genitore che vi si è messo, puntando a mettere in evidenza tutte le carenze, tutti i difetti, tutte le mancanze del genitore stesso.


Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta
Viale Croce Rossa, 77 Palermo
Tel 3284212991
Mail. rob.lab@libero.it

http://studioequilibriumpalermo.blogspot.it/

https://www.facebook.com/pages/Studio-Equilibrium/1430604813886048?ref=bookmarks


Nessun commento:

Posta un commento