mercoledì 29 aprile 2015

PERCHÉ DOBBIAMO SEMPRE SALUTARE I NOSTRI FIGLI QUANDO STIAMO USCENDO



Capita molto spesso che le mamme si sentano in difficoltà quando devono uscire da casa (per andare a lavorare, per andare a sbrigare delle faccende, etc.) e devono lasciare il proprio bambino con la baby sitter, con i nonni, con qualcuno che in quel momento si occupi del piccolo.
Questa difficoltà che la mamma prova nel separarsi dal proprio bambino e nel lasciarlo alle cure di qualcun altro si acuisce quando anche il bambino reagisce negativamente alla separazione dalla mamma, iniziando per esempio a piangere quando la mamma si allontana.
Quando capita questo, talvolta si cerca una soluzione al pianto del bambino andando via di nascosto.
Questa pratica, seppur possa sembrare utile per evitare che il bambino pianga, in realtà è errata e dannosa per il bambino.

Ora vedremo perché.

Il bambino non piange fin da piccolissimo alla separazione dalla mamma; inizia a piangere, orientativamente verso gli 8 mesi. Questa è un’età del piccolo in cui si sviluppa la cosiddetta “angoscia dell’estraneo”. Molti genitori se ne saranno accorti “ma come mai fino a qualche tempo fa sorrideva a tutte le persone che incontrava e adesso invece se incontriamo qualcuno che non conosce si mette a piangere?”. Questo accade perché il bambino sta crescendo e va sviluppando il riconoscimento dei volti familiari e fa una selezione; al “sorriso sociale”, generico, indirizzato a chiunque, si sostituisce un sorriso più specifico, rivolto solo alle persone che il bambino conosce.
Questa è una tappa fondamentale dello sviluppo del bambino ed è importante che venga raggiunta, non si tratta di bambini che tutt’a un tratto non sono più “socievoli” ma di bambini capaci di discriminare tra il familiare e l’estraneo!

Ma cosa c’entra questo con la separazione dalla mamma, ci si potrebbe chiedere.

Prima di questa fase il bimbo pensa, potremmo dire, secondo la famosa frase “lontano dagli occhi lontano dal cuore”; cioè il piccolino non ha ancora la capacità di mentalizzare l’immagine dell’altro che si è allontanato e per questo quando è nei primi mesi di vita, di solito, non piange se la mamma si allontana.
A otto mesi circa, invece, “lontano dagli occhi non è lontano dal cuore” ed allora la mamma che si allontana, ma che resta come immagine nei pensieri del bambino, “dove va?”, “Perché non resta qui con me?”
Qui inizia l’angoscia di separazione dalla mamma, angoscia che spesso è anche reciproca, poiché anche la mamma tante volte si angoscia dal doversi separare dal suo bambino.
Ma è una separazione necessaria che però va gestita nel modo più corretto.
Sparire di nascosto, infatti, da un lato non fa piangere sul momento il bambino, ma che effetto ha su di lui? Il bimbo adesso sa che la mamma continua ad essere da qualche parte, ma ad un tratto non la vede più e non sa che la mamma ritornerà! Il piccolo può angosciarsi davanti a questo e sentirsi sfiduciato nei confronti di un altro che lo ha in quel momento abbandonato.
Allora è importante mettere in atto delle piccole strategie, accettando anche il fatto che all’inizio il piccolo potrà anche piangere, ma successivamente il pianto scomparirà ed il bambino avrà comunque fiducia nel ritorno della mamma e non si sentirà sconfortato ed abbandonato a se stesso.
La prima strategia da mettere in atto consiste nell’iniziare fin da piccoli a giocare a “cucù”. Il gioco del “cucù” è un gioco molto importante perché aiuta il bambino a comprendere che la sparizione dell’altro è solo momentanea, che l’altro sparisce ma subito dopo ricompare!
Un’altra strategia è quella di creare un rituale. I bambini sono sempre molto rassicurati dai rituali, per loro fare sempre la stessa cosa è un modo per controllare la realtà e per non essere soggetti passivi ma avere un ruolo attivo in questo. Il rituale implica qualcosa di già conosciuto, il che è sempre una rassicurazione. Ogni mamma può inventare il rituale che preferisce, dovrebbe utilizzare sempre le stesse parole “adesso la mamma va al lavoro, tornerà dopo e ti darà un grande bacio”, fare sempre la stessa azione “ora ci diamo tre baci e così ci salutiamo” e contare “uno, due e tre”, e così via! L’importante è che il bambino ascolti sempre le stesse parole e faccia sempre le stesse azioni. Questo gli farà capire che è arrivato il momento che la mamma vada via ma che poi tornerà. I primi giorni può darsi che piangerà, ma poi grazie al rituale il pianto non si manifesterà più.
Una cosa fondamentale è che la mamma si distacchi dal bambino con il sorriso sulle labbra, facendo percepire al piccolo che lei non è angosciata dal lasciarlo, che va tutto bene, che la mamma è contenta. I bambini sono molto sensibili alle emozioni e ai sentimenti dell’altro, soprattutto della mamma, e non c’è bisogno che questi vengano espressi, i bambini se ne accorgono lo stesso. Un bambino che percepisce l’ansia nella mamma che si sta allontanando percepirà che c’è un pericolo da qualche parte, che la mamma non è sicura, non è tranquilla e l’ansia della mamma verrà trasmessa al piccolo.
Infine, soprattutto con i bimbi più grandi, dai 18 mesi in su, la mamma può lasciare loro un piccolo oggetto di sua proprietà che il bimbo può tenere con sé e che poi le restituirà quando lei tornerà.
Questi sono semplici consigli per evitare che si commetta l’errore di lasciare il bambino senza un punto di riferimento, in balìa di un altro non controllato e non controllabile che non gli dà alcuna sicurezza e fiducia.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

mercoledì 22 aprile 2015

PERCORSO DI RILASSAMENTO PER GENITORI E BAMBINI "RILASSIAMOCI INSIEME!"


Lo Studio Equilibrium ha organizzato il Percorso "Rilassiamoci Insieme!". E' un percorso di Rilassamento per genitori e bambini che inizierà a Maggio che coinvolgerà insieme genitori e bambini. Durante questo Percorso verranno insegnate delle tecniche
di rilassamento
adatte ai bambini, con l'ausilio delle fiabe, ma che saranno sperimentate ed imparate anche dai genitori, che successivamente potranno riprodurle anche a casa.
E' un percorso innovativo che punta a creare un momento di scambio emotivo forte tra i genitori ed i bambini e che può aiutare i genitori nella gestione di particolari comportamenti dei bambini, spesso effetto di tensioni, ansia e stress che i piccoli sperimentano.
Il primo incontro di maggio sarà libero e gratuito in modo che si possano sperimentare di persona i benefici di questo Percorso.
Per tutte le informazioni e per le prenotazioni per l'incontro gratuito di prova si può chiamare ai numeri presenti sul volantino oppure inviare una mail a studio.equilibrium@libero.it

Dott.ssa Roberta La Barbera
Dott.ssa Silvia Giolitto

mercoledì 15 aprile 2015

CHE COS'E' LA MEDIAZIONE FAMILIARE

Ecco qui di seguito una breve presentazione che la Dott.ssa Elisabetta Liberti ci fornisce della Mediazione Familiare:


Perché in un momento di difficoltà della vita di una coppia, che coinvolge importanti stati emotivi e interessa settori di ogni specie da quello affettivo a quello economico a quello relazionale, si dovrebbe ricorrere alla Mediazione Familiare?

Perché la Mediazione Familiare è una chance, una possibilità che la coppia dovrebbe offrire a se stessa, attraverso l’aiuto di un professionista all’uopo specializzato.

Lo scopo è quello di accompagnare la coppia nella transizione da coniugi a genitori.

La fine di una relazione coniugale è sempre dolorosa per la coppia, per i figli, per i familiari. L’esperienza può essere gestita, con l’aiuto di uno specialista, in modo meno traumatico, finalizzato alla « salvezza » della relazione che si trasforma ma non si perde.

Ogni momento è buono per rivolgersi ad un Mediatore Familiare. Attraverso questo percorso, si può cercare di evitare di esasperare la relazione e portare avanti l’obiettivo che comunque resta comune a due genitori per tutta la vita: quello dell’equilibrio nella crescita dei figli.

La coppia che riesce a concludere positivamente un percorso di Mediazione Familiare e a lasciare dietro di sé il conflitto per dare spazio ad un nuovo rapporto, può certamente ritenersi soddisfatta. Non necessariamente il fallimento della relazione coniugale deve avere come conseguenza l’allontanamento tra i componenti della famiglia. Questa si può “trasformare” e rimanere un “punto fermo” per i propri figli.

Dott.ssa Elisabetta Liberti
Mediatrice Familiare

lunedì 13 aprile 2015

L'ORSETTO DELLE REGOLE


Come possiamo far sì che i nostri figli seguano le regole che abbiamo in famiglia?
Quante volte ci ritroviamo a ripete centinaia di volte le stesse cose senza che ciò ottenga alcun risultato?
Possiamo far seguire le regole in due modi: possiamo imporle oppure possiamo trovare una strategia alternativa, sicuramente molto più funzionale ed efficace.
Per esempio, possiamo inventarci “L’ORSETTO DELLE REGOLE”.
Che cos’è?
L’Orsetto delle Regole (o qualunque altra immagine si voglia usare) è un’immagine raffigurata in un quadretto in casa che viene scelto dai genitori come “LUOGO DELLA LEGGE”.
Qualunque regola vi sia in casa, qualunque divieto o obbligo, viene deciso dall’Orsetto delle Regole.
Questa strategia funziona perché da un lato evita l’utilizzo dell’imperativo da parte dei genitori “l’orsetto dice che alle nove bisogna andare a letto” è diverso da “sono le nove, vai a letto”; dall’altro eventualmente sposta l’aggressività del bambino che deve sottostare alla regola, dal genitore all’orsetto; infine fa sì che anche i genitori siano dal canto loro non tanto i depositari del potere, quanto, a loro volta sottoposti alla legge, a delle regole; tutto ciò faciliterà molto il processo educativo.
Spesso la comunicazione tra genitori e figli avviene, infatti, utilizzando l’imperativo “fai quello, fai questo, rimetti in ordine la stanza, lavati le mani”, etc. etc.
Davanti all’imperativo la risposta dei nostri figli è spesso “no”.
Come mai?
Perché l’imperativo trasmette un potere dei genitori sui figli, potere che i figli rifiutano, dicono “no” anche solo per il fatto che glielo abbiamo ordinato noi.
Avrete notato tante volte come la stessa cosa detta dal genitore e detta da un’altra persona abbia un valore differente, al genitore viene detto “ no”, se lo dice qualcun altro viene detto “si”.
Questo avviene perché i figli, naturalmente, si oppongono al potere dei genitori, non si sottomettono, si difendono da esso.
Allora è molto più semplice quando dobbiamo chiedere ai nostri figli di fare qualcosa o quando dobbiamo impedire loro qualcosa, non usare l’imperativo ma spostare il luogo delle regole, il luogo della legge. Non più incarnata dal genitore ma esterna ad esso.
Essere sottoposti alla legge significa dover rendere conto a qualcun altro della vostra attività di genitore, significa che voi non avete un potere di “vita o di morte” sul vostro bambino, ma che c’è qualcuno che è al di sopra di voi, l’Orsetto, che vi controlla e che vuole conto e ragione di come fate i genitori. Non c’è cosa più minacciante, infatti, di una mamma o di un papà onnipotente, che sa tutto e che decide tutto a suo piacimento.
L’educazione che voi impartite ai vostri figli non è a piacer vostro. Ma è un’educazione finalizzata al suo benessere fisico, psichico e sociale. Voi avete il dovere di garantirgli una crescita sana, serena e di farne un giorno degli adulti capaci di lavorare, di assumersi delle responsabilità, di divenire a loro volta genitori, di instaurare dei legami sociali, di vivere con gli altri, di cooperare, di provare empatia e solidarietà.
Se voi vi ergete a capi indiscussi “la legge sono io” sarete per il vostro bambino sempre minacciosi e dalle minacce ci si difende come si può. Al contrario se vi ponete su un altro piano, più limitato, e questo potere lo spostate all’esterno, allora esso sarà più tollerabile e vivibile.
L’Orsetto delle Regole è una strategia che può essere utilizzata con i bambini piccoli, con i ragazzini più grandi il discorso non cambia, nel senso che anche in questo caso non deve essere il genitore il detentore della legge ma per esempio si può, per ogni regola che deciderete di avere in casa, dare una motivazione altra rispetto alla vostra volontà. “Si va a letto alle nove”, il bambino chiederà “perché?”, “perché studi scientifici hanno dimostrato che un bambino di nove anni (per esempio) deve dormire 10 ore a notte e siccome tu ti svegli alle 7.00 allora devi andare a dormire alle nove per poter essere riposato e poter affrontare la giornata!”
“Prima di mangiare ci si lava le mani” è diverso dal dire “vai a lavarti le mani”, la seconda frase è un imperativo dato da un genitore che dà degli ordini, la prima frase, impersonale, apre anche ad una dialettica “sai perché ci si lava le mani? Perché esistono degli animaletti che sono sulle tue manine e che al contatto con il cibo possono farti venire tanto male al pancino”. Si è passati da un ordine ad una spiegazione in cui il “cattivo” della situazione non è più il genitore che esige un determinato comportamento, ma l’animaletto che fa male al pancino.
Si potrebbe continuare all’infinito con gli esempi ma ognuno di voi inventerà quelli che ritiene più adatti alla situazione.
Il punto fermo deve essere in ogni caso, a prescindere dall’età del bambino, la capacità di SPOSTARE il luogo della legge, di farne un luogo esterno alla famiglia, un luogo altro dove qualcosa è già stato deciso e al quale non solo il bambino ma anche i genitori devono sottomettersi.
Vedrete come il bambino sia molto più propenso a seguire le regole dell’Orsetto piuttosto che le regole dettate direttamente dai genitori.
E se il vostro obiettivo è quello di far sì che i vostri figli diventino delle persone oneste, che sappiano accettare i limiti, le regole che la società impone, che sappiano avere rispetto per gli altri, non c’è migliore strategia di quella di “dare l’esempio”.
Un genitore che segue le regole sarà un ottimo esempio per un bambino che diventerà domani un adulto.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta