mercoledì 12 ottobre 2016

S.O.S. Ansia: come affrontarla?



Venerdì 2 dicembre ci incontreremo per parlare di ANSIA, cercheremo di capire come si manifesta e perché, ma soprattutto come riuscire ad affrontarla efficacemente.



Per informazioni telefonare al numero 3474475579 (Dott.ssa Silvia Giolitto).

BENESSERE MENTE E CORPO: IL TRAINING AUTOGENO



Sono aperte le iscrizioni, per ottobre, a un incontro individuale gratuito di Training Autogeno e Benessere Emotivo.


Sarà condotto dalla dottoressa Silvia Giolitto, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.

Per iscriversi telefonare a: 347 4475579.

lunedì 5 settembre 2016

5 CONSIGLI PER UN BUON RIENTRO A SCUOLA


È iniziato da poco settembre e tra qualche settimana tutti i nostri bambini e ragazzi affronteranno l’inserimento o il rientro a scuola. Per alcuni sarà un tornare tra i banchi di scuola con gli stessi compagni e gli stessi insegnanti, per altri sarà l’inizio di questa esperienza, per altri ancora avverrà il passaggio da un ciclo di studi all’altro.
In tutti questi casi, è questo un momento di stress ed ansia non soltanto per i bambini ma anche per i genitori.

Come fare allora a vivere questo periodo in maniera serena?

Possiamo fornire, intanto, dei consigli generali che siano validi per tutte le situazioni e per tutte le età.

1. REGOLARIZZARE IL CICLO SONNO-VEGLIA
Si sa che durante le vacanze i bambini e i ragazzi vanno a letto e si risvegliano più tardi. È bene, allora, iniziare a farli riabituare ad un ritmo più consono alla loro età e alle loro esigenze almeno una settimana prima che inizi la scuola. Bisognerà iniziare a farli alzare prima la mattina, proponendo loro qualche attività interessante di gioco o svago in modo da incentivarli ad alzarsi dal letto. Alzandosi prima al mattino sarà più semplice regolare anche l’orario per andare a letto la sera. Per far ciò è importante, soprattutto con i bambini piccoli, ricreare dei “rituali della buonanotte” in modo da facilitare il sonno notturno: una favola, un racconto, lavarsi i denti e bere un po’ d’acqua, dare il bacio della buonanotte a mamma e a papà, etc. Inoltre è fondamentale evitare qualunque attività eccitante, quindi banditi i videogiochi, tablet, smartphone e così via.

2. FARE INSIEME GLI ACQUISTI DEL MATERIALE SCOLASTICO
Per ricominciare a parlare della scuola si può utilizzare quale occasione l’acquisto del materiale scolastico. Sarebbe opportuno, infatti, coinvolgere il bambino nell’acquisto di quaderni, portacolori, zaino e quant’altro, cercando di assecondare i loro gusti e i loro desideri (sempre compatibilmente con il budget familiare) per far sì che essi sentano quegli oggetti come propri, come il frutto di una loro scelta. Naturalmente non è detto che i bambini possano e debbano scegliere tutto il loro corredo scolastico per ovvi motivi economici, basterà, però, ad esempio che possano scegliere il loro diario, un quaderno con una copertina di loro gusto, una penna che a loro piace molto.

3. ASCOLTARE LE LORO EMOZIONI
Il ritorno a scuola può creare una situazione di ansia nel bambino, da non sottovalutare. Spesso si commette l’errore di pensare che le emozioni e i sentimenti dei bambini siano poca cosa rispetto a quelli dell’adulto e quando il bambino ce ne parla tendiamo a sminuirne la portata e a chiudere l’argomento. Al contrario, ogni apertura da parte del bambino va incentivata, va valorizzata e va ascoltata. Bisogna però fare attenzione a non divenire ansiogeni, a non trasmettere al bambino la nostra ansia. A seconda, infatti, di come si pongono le domande il bambino si fa un’idea di quello che il genitore vuole sapere da lui o si aspetta da lui, chiedere quindi, ad esempio, “ma ti fa paura tornare a scuola?” dà al bambino l’idea che a scuola possa esserci qualcosa di cui aver paura, quando magari lui non ci aveva pensato affatto. Spesso le domande dei genitori dicono molto relativamente alla loro ansia e i bambini questo lo percepiscono e lo manifestano provando ansia a loro volta. Allora ad esempio per stimolarli a parlare e ad aprirsi con noi si potrebbe chiedere loro “qual è la cosa che ti piace di più della scuola?”, “qual è la cosa che ti piace di meno?”, “cosa ti piacerebbe trovare quest’anno a scuola?”. In questo modo le domande non hanno già una risposta al loro interno e allo stesso tempo pongono al centro dell’attenzione il bambino, i suoi gusti, i suoi desideri.

4. DARE IMPORTANZA ALLE RELAZIONI INTERPERSONALI
Piuttosto che focalizzarci fin da subito sugli obblighi e sugli impegni scolastici “quest’anno ti devi impegnare di più” etc. è bene iniziare a richiamare alla memoria del bambino i suoi compagnetti, le sue insegnanti, ponendo in evidenza soprattutto il versante relazionale della scuola e non quello didattico; ciò per evitare che fin da subito il bambino possa percepire il peso del dovere, dell’obbligo, ma che all’inizio, soprattutto, possa riscoprire il piacere di stare di nuovo con i suoi compagni, di ritrovarli e potersi raccontare come sono andate le vacanze, cosa hanno fatto di bello, di giocare di nuovo insieme.

5. PARLARE LORO ANCHE DEI RISCHI E DEI PERICOLI A SCUOLA
Questo è un argomento molto delicato perché nel trattarlo si può andare incontro al rischio di spaventare i bambini e renderli ansiosi. Però è importante che i bambini e i ragazzi sappiano che purtroppo anche a scuola possono manifestarsi episodi di violenza. Un bambino che è preparato sa difendersi meglio dalla violenza, allora è importante affrontare il tema del bullismo, senza allarmismi, ma insegnando al bambino a saper discriminare tra gli scherzi tra compagni e la violenza fisica e psicologica. Si può far questo anche utilizzando dei racconti con i bambini più piccoli. Diverso è con i bambini che si apprestano ad iniziare le scuole elementari e soprattutto le medie. In quel caso si può parlare più apertamente con i bambini, spiegando cosa sia il bullismo, aiutandoli a riconoscere un bullo e soprattutto a sapere che di tutto si può parlare, che non ci sono cose che non possano essere dette ai genitori e agli insegnanti. È importante anche ascoltare il bambino mentre gioca a casa, spesso infatti i bambini non parlano direttamente di ciò che vivono a scuola, ma lo ripropongono nel gioco, per questo l’ascolto di un bambino durante il gioco spontaneo è molto importante per conoscere i suoi pensieri, i suoi timori e i suoi desideri.

I consigli fin qui forniti sono molto generali e vogliono essere uno spunto di riflessione; di certo non possono essere esaustivi, anche perché ogni bambino è differente dall’altro e per ognuno di loro ogni momento di passaggio è vissuto in maniera singolare e particolare e in generale è il genitore colui che può sapere cosa sia meglio per il figlio.
Ci sono tuttavia delle situazioni più problematiche, in cui si scatena una vera e propria sofferenza, mal di pancia, nausea, vomito, mal di testa, mutismo elettivo, difficoltà di attenzione, iperattività, che possono richiedere, in quel caso, l’aiuto di uno specialista per comprendere meglio quale sia il disagio che il bambino esprime.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta
Viale Croce Rossa, 77 Palermo
Mail. roberta.labarbera71@gmail.com
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lunedì 18 luglio 2016

Corso di Formazione UICI e CNOP


La Dott.ssa Roberta La Barbera è stata selezionata per partecipare al Corso di Formazione promosso dall'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti (UICI) e finanziato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP) per psicologi siciliani che saranno impegnati nel sostegno delle famiglie con bambini e ragazzi non vedenti e/o ipovedenti.
Sulla base del Protocollo d'Intesa le famiglie usufruiranno di tariffe agevolate per il sostegno psicologico.

martedì 5 luglio 2016

LA PROFEZIA CHE SI AUTOAVVERA NEL RAPPORTO GENITORI/FIGLI


Il concetto di Profezia che si auto avvera venne introdotto, per la prima volta nelle scienze sociali nel 1948, dal sociologo statunitense Robert K. Merton che la definì “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l'avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”. A sua volta, Merton si riferì al celebre sociologo americano, William Thomas, che si era già occupato dell’argomento e che aveva postulato quello che è passato alla storia come il Teorema di Thomas: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”.
Nell’ambito più specifico della psicologia, il ricercatore americano Robert Rosenthal ideò un esperimento di psicologia sociale all’interno di una scuola. Sottopose un gruppo di alunni di una scuola elementare californiana ad un test di intelligenza. Indipendentemente dal risultato del test, riunì alcuni alunni all’interno di un gruppo, comunicando agli insegnati che si trattava di alunni molto intelligenti. Dopo un anno, Rosenthal valutò il percorso scolastico di questi alunni e verificò che tutti avevano migliorato il loro rendimento scolastico divenendo i migliori della classe.
Ciò era avvenuto poiché gli insegnanti, convinti delle abilità e competenze degli alunni, si relazionavano a loro stimolandoli nel loro interesse per gli studi.
Il modo in cui, quindi, l’insegnante valutava inizialmente l’alunno modificava il suo atteggiamento nei confronti dell’alunno stesso.
In questo caso il risultato era positivo, ma l’effetto Rosenthal (o effetto Pigmalione) può avere anche dei risultati disastrosi se l’assunto di partenza è negativo “questo ragazzo è senza speranza”, “non è motivato”, “non gli piace studiare”, etc.
In che modo questo concetto sociologico può rientrare nell’ambito della psicologia e riguardare il rapporto genitori/figli?
Quando viene a mondo un bambino, già a partire dal suo concepimento, se non da prima, i genitori iniziano a parlare di lui o di lei (“se avrò un figlio lo chiamerò…...”, “se nascerà una bambina sarà...”, e così via…). Ciò fa sì che il bambino nasca in un bagno di linguaggio, all’interno di un discorso nel quale il bambino è parlato, in cui il bambino infans, che non parla ancora, è inserito nel discorso dell’altro.
Questo discorso è portatore di un desiderio nei confronti del bambino, di aspettative e di frasi che lo concernono che determineranno il modo in cui lui crescerà.
Non è raro ascoltare genitori, nonni, parenti ed amici pronunciarsi al cospetto di un neonato “è bellissimo”, “tutto suo padre”, “tutto sua madre”, “è tranquillo”, “è nervoso” e così via…
Sono queste definizioni che l’altro dà del bambino sulla base di alcune sue percezioni e convinzioni che possono contribuire a quella che abbiamo definito Profezia che si auto avvera.
Ma in che modo può accadere questo?
Nel momento in cui un genitore dà una definizione del bambino: “è buono”, “è nervoso”, “ha un carattere deciso”, “è una peste” fin dai primissimi mesi di vita, il suo atteggiamento nei confronti del bambino stesso sarà influenzato da queste definizioni e dalle convinzioni soggiacenti.
Se la mamma definisce il bambino “disubbidiente” si relazionerà a lui a partire da questa convinzione e metterà in atto dei comportamenti che inevitabilmente metteranno il bambino nella condizione di disobbedire avverando la profezia iniziale, in un circolo vizioso difficile da rompere.
Nella mia pratica con i bambini molte volte mi è capitato di ascoltare dei piccoli che si definivano “monelli”, alla domanda “chi te lo dice?” la risposta è “la mamma, il papà, i nonni, etc.”, cioè l’adulto che si prende cura di lui. Non è il bambino che crede di essere “monello” ma sono gli altri che gli danno questo rimando.
Quando un bambino si ritrova inserito in una definizione di questo tipo strutturerà la convinzione che sia quello il modo in cui l’altro vuole che sia e si comporterà di conseguenza. Il suo comportamento confermerà la convinzione iniziale dell’adulto e così via in una spirale senza fine.
Queste definizioni, inoltre, impediranno all’adulto di vedere ed ascoltare il bambino, schiacciandolo nella sua soggettività, considerandolo già saputo, conosciuto. La definizione nomina il bambino che si ritrova ingabbiato e spesso impossibilitato ad esimersi dall’essere esattamente come l’altro si aspetta che sia.
Non di rado mi capita di seguire degli adolescenti che per tutta la loro infanzia si sono ritrovati ad essere “bravi bambini”, “i più bravi della classe”, “i migliori” che durante quel periodo di stravolgimento che è l’adolescenza scoprono di essere diversi da come mamma e papà li vogliono, manifestando la loro sofferenza e il loro disagio con comportamenti autolesivi, antisociali, disturbi del comportamento alimentare, etc.
Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta
Viale Croce Rossa, 77
90145 Palermo
3284212991

roberta.labarbera71@gmail.com

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venerdì 24 giugno 2016

TRAINING AUTOGENO

Di seguito alcune immagini dell'ultimo incontro sul Training Autogeno, organizzato dallo Studio Equilibrium e condotto dalla Dott.ssa Silvia Giolitto.


Chi volesse effettuare un incontro di prova può contattare lo Studio Equilibrium: studio.equilibrium@libero.it 3474475579- 3452197044

martedì 31 maggio 2016

USCIRE DALLA DIPENDENZA AFFETTIVA SIGNIFICA TALVOLTA SALVARSI LA VITA!


La morte di Sara, bruciata viva dal suo compagno che non accettava di essere lasciato, è l'ennesimo tragico epilogo di "Storie d'amore" che si concludono con la morte di uno dei due partner.

Non conosciamo le dinamiche di questa relazione, ogni relazione è diversa dalle altre, ma sappiamo, a dire di amici e conoscenti che lui era "geloso e ossessivo".

Molto spesso le ragazze confondono la gelosia e la possessività con il "prendersi cura".

Spesso tollerano violenze psicologiche e fisiche poiché ritengono di avere qualche "colpa", di avere sbagliato in qualcosa. Quasi sempre hanno paura di essere abbandonate. Ciò le porta a vivere un relazione con un Altro, del quale si fanno l'oggetto posseduto, di un Altro che può disporre di loro, del loro tempo, della loro vita.

Talvolta però tutto questo non regge più ed allora la ragazza si ribella e vuole chiudere la relazione. Ma un Altro per il quale la ragazza è divenuta un oggetto di sua proprietà non tollera di essere abbandonato, non tollera che l'oggetto possa esistere anche senza di lui e "lucidamente" decide di distruggere quell'oggetto.

Una relazione d'amore è una relazione tra due soggetti, uniti da un legame, il legame d'amore.

Una relazione "malata" è una relazione tra un soggetto e un oggetto. C'è un soggetto che abdica al suo ruolo di soggetto e si pone (spontaneamente o con la forza) in posizione di oggetto nei confronti dell'altro.

Ciò avviene per una fragilità, per delle insicurezze, per un'immaturità affettiva, su cui l'altro fa presa per ottenere ciò che vuole.

Quando ci si rende conto di vivere una relazione così bisogna immediatamente CHIEDERE AIUTO!

Iniziare un lavoro su di sé aiuta a vincere le fragilità e le insicurezze e protegge dall'incontro con un altro che vuole solo disporre di noi a suo piacimento.


Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta


P.S. Per saperne di più sulla Dipendenza Affettiva clicca qui