mercoledì 30 dicembre 2015

IO MI SVEZZO DA SOLO: PARLIAMO DI AUTOSVEZZAMENTO

Quando iniziare a introdurre i cibi solidi?
Cosa introdurre?
Cos’e’ l’alimentazione complementare a richiesta?
Come capisco se il mio bimbo e’ pronto?
Pappe o assaggi a tavola: quali le differenze?
il mio bimbo non vuole saperne di cibi solidi: che fare?
Un incontro per confrontarci su come introdurre i cibi solidi, rispettando i tempi e le esigenze di bimbo e dell'intera famiglia.

L'incontro è destinato a genitori in "attesa" o con bimbi piccoli. Portate i vostri bimbi con voi: sono i benvenuti.

L'incontro è condotto dalla D.ssa Russo Rossella, ostetrica, in collaborazione con la D.ssa Roberta La Barbera, psicologa e psicoterapeuta.

mercoledì 16 dicembre 2015

S.O.S. Spannolinamento

Alcuni momenti dell'incontro S.O.S. Spannolinamento che si è tenuto ieri presso lo Studio Equilibrium. La nostra Rossella Russo ha dato dei suggerimenti su come affrontare al meglio questo momento cruciale dello sviluppo dei nostri bambini. L' incontro è stato anche un bel momento di ascolto e di scambio delle varie esperienze tra le mamme ed i papà presenti!

lunedì 30 novembre 2015

DOLCE NANNA Come rispettare la fisiologia del sonno dei neonati ed accoglierne il bisogno



Quando nasce un bebè, uno degli argomenti fondamentali, di grande interesse per i neogenitori, è il SONNO.
Il tema del sonno è molto controverso ed è affrontato seguendo varie scuole di pensiero.

In questo articolo cercheremo di far comprendere quale sia la fisiologia del sonno nel neonato, cosa i genitori possano fare per assecondare il bisogno del bambino di dormire, quali siano i fattori facilitanti e quelli che, invece, lo ostacolano.

Innanzitutto va sottolineato che il ciclo sonno-veglia di un bambino è differente dal ciclo sonno-veglia di un adulto.
Per entrambi, il sonno si suddivide in due fasi: la fase REM e la fase N-REM. La REM è una fase di sonno più leggero, è la fase in cui si sogna, la N-REM è la fase di sonno più profondo, che a sua volta è suddivisa in 4 sub-fasi, da 1 a 4 a seconda della profondità del sonno (la 4 è il sonno più profondo).
Mentre noi dormiamo alterniamo queste due fasi, con cicli continui che hanno una durata nell’adulto di circa 90’ e che sono composti all’80% da sonno profondo e solo al 20% dal sonno leggero. Ogni volta che si passa dalla fase 4 della N-REM alla successiva fase REM, attraversiamo un momento di “vulnerabilità” durante il quale, a seconda delle condizioni interne ed esterne (malesseri, rumori, fame, sete, etc.) possiamo avere dei risvegli. L’adulto, comunque, ha imparato nel corso del suo sviluppo a gestire questi momenti di “vulnerabilità”, attraverso un sistema di filtro e di conseguenza, se non ha dei risvegli, ha la sensazione di avere dormito ininterrottamente per tutta la notte.
Nei neonati il ciclo REM/N-REM dura circa 50’ e non 90’;inoltre, alla nascita, la percentuale di sonno REM e NREM è quasi sovrapponibile. Nel tempo, la fase REM inizia a decrescere: intorno ai tre/cinque anni (variabile da soggetto a soggetto), la fase del sonno che il bimbo trascorre sognando è all’incirca uguale a quella del resto della vita. Altra sostanziale differenza è che le fasi 3 e 4 del sonno profondo (NREM) si definiscono non prima del terzo mese di vita: per questo motivo è veramente difficile che, prima dei tre mesi, un bimbo dorma profondamente.
Nel bambino piccolo, quindi, i passaggi dalla fase N-REM alla fase REM, con l’inizio di un nuovo ciclo, avvengono ogni 50’, in più il bambino non ha ancora sviluppato un sistema di filtro dai rumori esterni, dalle sensazioni interne, per cui è molto probabile che possa avere dei risvegli alla fine di ogni ciclo di sonno. Il bimbo appena nato si addormenta in fase REM (che dura qualche minuto), per poi entrare nella fase NREM. Potrà svegliarsi in qualsiasi fase; per questo motivo, potrà accadere che alcuni suoi riposini durino anche mezz’ora. Possiamo, pertanto, affermare che la situazione con cui i genitori si incontrano non è quella di un bimbo che “non dorme mai”, ma che ha “continui risvegli”, risvegli dettati dalle caratteristiche neuroanatomiche di un qualsiasi neonato.

In conclusione, quindi, è assolutamente fisiologico che i bambini fino a 3 anni possano risvegliarsi molte volte durante la notte; quindi i risvegli non sono dei “disturbi” ma si verificano seguendo il normale sviluppo neurologico del bambino che, pian piano, gli permetterà di avere una struttura del sonno simile a quella dell’adulto.

Un’altra fase molto delicata è quella dell’addormentamento. Anche questo momento viene spesso vissuto con ansie, difficoltà, problematiche, che spesso innestano un circolo vizioso: il bambino presenta difficoltà ad addormentarsi, la mamma o il papà si innervosiscono, il bambino percepisce la tensione e le difficoltà aumentano.
Perché il bambino ha difficoltà ad addormentarsi?
Bisogna considerare che per il bambino questo è il momento in cui si separa dalla mamma, in cui avviene il distacco dalle attività svolte durante il giorno e dalle persone per lui importanti, per cui è molto probabile che possa esserci un’ansia da separazione che viene manifesta con nervosismo, irritabilità, pianto.
È importante, quindi, che i genitori abbiano un atteggiamento calmo e rassicurante, in modo da far rilassare il bambino e fargli affrontare questo momento in maniera più serena, al fine di garantirgli anche una buona qualità del sonno.

Per far questo, i genitori possono usare dei piccoli accorgimenti che facilitino il sonno, tenendo conto di alcuni fattori facilitanti quali:
• un ambiente sereno e privo di stimoli eccitanti (tv, confusione, etc.)
• un rituale da ripetere ogni sera
• la voce della mamma o del papà (racconto di favole e ninna nanna)
• il contatto fisico (essere cullati)
• il co-sleeping
• alcuni alimenti (primo tra tutti il latte)
• un bagnetto rilassante
• il massaggio infantile
• ascoltare ciò che il bimbo ha da raccontare durante il suo addormentamento
• conforto e rassicurazione

Vi sono, altresì, dei fattori che ostacolano il sonno e che rendono la fase dell’addormentamento ancora più difficoltosa:
• attività stimolati e eccitanti (giochi, tv, etc.)
• un ambiente carico di tensione e nervosismo
• alcuni alimenti (ad esempio lo zucchero bianco raffinato, i coloranti, addittivi, glutammato monopodico, aspartame)
• pianto ignorato
• ambiente troppo caldo
• patologie anche lievi (dolori da dentizione, otiti, coliche)
• ambiente sconosciuto
• stress da separazione dalla figura materna o da altre figure stabili di riferimento
• sottoporre il bimbo a troppi cambiamenti contemporaneamente (inserimento al nido, spannolinamento, cambio stanza,…)

Infine un accenno alla frase che comunemente le mamme si sentono ripetere: “ha scambiato il giorno per la notte”. Questa frase non ha alcun fondamento scientifico nei neonati, poiché la regolazione dei ritmi circadiani (l’alternanza sonno/veglia) non è presente fin dalla nascita, ma si va sviluppando man mano che il bambino cresce e man mano che aumenta la produzione della melatonina, la sostanza che regola il ciclo sonno/veglia. L’unico accorgimento, allora, che si può mettere in atto è quello di esporre il bambino alla luce del sole durante le ore del giorno, poiché i raggi solari stimolano la produzione di melatonina.

In conclusione, ciò che spesso viene chiamato “Disturbo del sonno” con una connotazione negativa e patologica (Disturbo), in realtà è soltanto il normale ritmo dei bambini, è il normale sviluppo fisiologico relativo ad uno dei bisogni primari. Questo ritmo, spesso purtroppo, non è in linea con i ritmi di vita degli adulti, sempre più frenetici e legati agli orari da rispettare; a causa di ciò, qualcosa che è assolutamente sano e fisiologico, solo perché non segue i ritmi che la nostra società ci impone, diviene patologico e da “curare”.

Potremmo concludere, quindi, affermando che i bambini ci donano “L’elogio della lentezza” e noi dovremmo esser capaci di ricevere questo dono, di apprezzarlo e di valorizzarlo.

Dott.ssa Roberta La Barbera, Psicologa e Psicoterapeuta
Dott.ssa Rossella Russo, Ostetrica

mercoledì 25 novembre 2015

S.O.S. SPANNOLINAMENTO


Martedì 15 Dicembre alle ore 16.00 Rossella Russo, Ostetrica e Roberta La Barbera, Psicologa e Psicoterapeuta, condurranno un incontro sullo "Spannolinamento, si parlerà di come accompagnare il bambino in questa nuova avventura aiutandolo a leggere i segnali del proprio corpo.
L'incontro si terrà presso lo Studio Equilibrium, Viale Croce Rossa, 77 Palermo.

Per tutti i genitori: non lasciate i bimbi a casa, da noi sono i benvenuti!

sabato 21 novembre 2015

INCONTRO "DOLCE NANNA"

Si è appena concluso l'incontro "Dolce Nanna" tenuto dalla nostra ostetrica Rossella Russo.
L'incontro ha avuto un'ottima partecipazione delle mamme e dei papà che hanno beneficiato dei preziosi consigli di Rossella per vivere più serenamente il momento della nanna rispettando il bisogno e la fisiologia del bambino.
Di seguito alcune foto dell'evento


Il prossimo incontro tratterà del tema dello Spannolinamento!!!

giovedì 19 novembre 2015

E' IN VENDITA L'EBOOK "E' NATO! E ADESSO?"

Finalmente in vendita l'ebook della Dott.ssa Roberta La Barbera "E' nato! E adesso?".
Un libro che raccoglie articoli, consigli e suggerimenti per vivere la maternità e la paternità in maniera serena e soprattutto funzionale ad un sano sviluppo psicologico, affettivo ed emotivo del bambino.
Per acquistarne una copia basta fare clic qui
Buona lettura a tutti!

mercoledì 4 novembre 2015

ANSIA? PARLIAMONE

Incontro gratuito Venerdì 20 novembre
alle 18,00 presso lo Studio Equilibrium
viale Croce Rossa 77 - Palermo.
Per informazioni e prenotazioni tel. 3474475579.

venerdì 30 ottobre 2015

DOLCE NANNA… Come rispettare la fisiologia del sonno dei neonati ed accoglierne il bisogno

Dal mese di Novembre lo Studio Equilibrium si avvale della collaborazione della Dott.ssa Rossella Russo, Ostetrica, con la quale organizzerà un ciclo di incontri dedicati alla gravidanza, alla maternità ed alla paternità.
Il primo di questi incontri è dedicato al Sonno dei bambini, tema molto delicato che coinvolge prima o poi tutti i genitori.
Per informazioni ed iscrizioni contattare lo Studio Equilibrium.

mercoledì 21 ottobre 2015

CORSO DI MASSAGGIO INFANTILE


Il Massaggio Infantile è un modo privilegiato, semplice da apprendere e da applicare, per entrare in contatto con il proprio bambino. Secondo l’A.I.M.I. il Massaggio infantile “favorisce uno stato di benessere nel bambino, ne favorisce il rilassamento, stimola, fortifica e regolarizza il sistema circolatorio, respiratorio, muscolare, immunitario e gastro-intestinale e così previene e dà sollievo al disagio delle coliche gassose, può rivelarsi un buon sostegno nei disturbi del ritmo sonno-veglia, favorisce nel bambino la conoscenza delle varie parti del corpo sostenendo lo sviluppo dell’immagine di sé, così da far sentire il bambino aperto, sostenuto ed amato, favorisce il legame di attaccamento e rafforza la relazione genitore-bambino”.

A chi è rivolto?
Alle mamme e ai papà di bambini da 0 a 12 mesi che vogliono accompagnare, proteggere e stimolare ulteriormente la crescita ed il benessere del proprio bambino.
Come è organizzato?
Il Corso si articola in 5 incontri della durata di circa un’ora e mezza ciascuno. Gli incontri saranno il sabato pomeriggio. Le date e gli orari saranno concordati non appena si sarà costituito il gruppo. Il Corso inizierà al raggiungimento di un minimo di 6 partecipanti.
Gli incontri saranno tenuti da un’insegnante certificata A.I.M.I. (Associazione Italiana Massaggio Infantile).
Quanto costa?
La quota di partecipazione è di 80 euro.

Per informazioni e prenotazioni Studio Equilibrium – Viale Croce Rossa, 77 Palermo
Tel 3452197044 Mail studio.equilibrium@libero.it

mercoledì 9 settembre 2015

5 CONSIGLI PER UN BUON RIENTRO A SCUOLA


Siamo a settembre e tra qualche giorno tutti i nostri bambini e ragazzi affronteranno l’inserimento o il rientro a scuola. Per alcuni sarà un tornare tra i banchi di scuola con gli stessi compagni e gli stessi insegnanti, per altri sarà l’inizio di questa esperienza, per altri ancora avverrà il passaggio da un ciclo di studi all’altro.
In tutti questi casi, è questo un momento di stress ed ansia non soltanto per i bambini ma anche per i genitori.

Come fare allora a vivere questo periodo in maniera serena?

Possiamo fornire, intanto, dei consigli generali che siano validi per tutte le situazioni e per tutte le età.

1. REGOLARIZZARE IL CICLO SONNO-VEGLIA
Si sa che durante le vacanze i bambini e i ragazzi vanno a letto e si risvegliano più tardi. È bene, allora, iniziare a farli riabituare ad un ritmo più consono alla loro età e alle loro esigenze almeno una settimana prima che inizi la scuola. Bisognerà iniziare a farli alzare prima la mattina, proponendo loro qualche attività interessante di gioco o svago in modo da incentivarli ad alzarsi dal letto. Alzandosi prima al mattino sarà più semplice regolare anche l’orario per andare a letto la sera. Per far ciò è importante, soprattutto con i bambini piccoli, ricreare dei “rituali della buonanotte” in modo da facilitare il sonno notturno: una favola, un racconto, lavarsi i denti e bere un po’ d’acqua, dare il bacio della buonanotte a mamma e a papà, etc. Inoltre è fondamentale evitare qualunque attività eccitante, quindi banditi i videogiochi, tablet, smartphone e così via.

2. FARE INSIEME GLI ACQUISTI DEL MATERIALE SCOLASTICO
Per ricominciare a parlare della scuola si può utilizzare quale occasione l’acquisto del materiale scolastico. Sarebbe opportuno, infatti, coinvolgere il bambino nell’acquisto di quaderni, portacolori, zaino e quant’altro, cercando di assecondare i loro gusti e i loro desideri (sempre compatibilmente con il budget familiare) per far sì che essi sentano quegli oggetti come propri, come il frutto di una loro scelta. Naturalmente non è detto che i bambini possano e debbano scegliere tutto il loro corredo scolastico per ovvi motivi economici, basterà, però, ad esempio che possano scegliere il loro diario, un quaderno con una copertina di loro gusto, una penna che a loro piace molto.

3. ASCOLTARE LE LORO EMOZIONI
Il ritorno a scuola può creare una situazione di ansia nel bambino, da non sottovalutare. Spesso si commette l’errore di pensare che le emozioni e i sentimenti dei bambini siano poca cosa rispetto a quelli dell’adulto e quando il bambino ce ne parla tendiamo a sminuirne la portata e a chiudere l’argomento. Al contrario, ogni apertura da parte del bambino va incentivata, va valorizzata e va ascoltata. Bisogna però fare attenzione a non divenire ansiogeni, a non trasmettere al bambino la nostra ansia. A seconda, infatti, di come si pongono le domande il bambino si fa un’idea di quello che il genitore vuole sapere da lui o si aspetta da lui, chiedere quindi, ad esempio, “ma ti fa paura tornare a scuola?” dà al bambino l’idea che a scuola possa esserci qualcosa di cui aver paura, quando magari lui non ci aveva pensato affatto. Spesso le domande dei genitori dicono molto relativamente alla loro ansia e i bambini questo lo percepiscono e lo manifestano provando ansia a loro volta. Allora ad esempio per stimolarli a parlare e ad aprirsi con noi si potrebbe chiedere loro “qual è la cosa che ti piace di più della scuola?”, “qual è la cosa che ti piace di meno?”, “cosa ti piacerebbe trovare quest’anno a scuola?”. In questo modo le domande non hanno già una risposta al loro interno e allo stesso tempo pongono al centro dell’attenzione il bambino, i suoi gusti, i suoi desideri.

4. DARE IMPORTANZA ALLE RELAZIONI INTERPERSONALI
Piuttosto che focalizzarci fin da subito sugli obblighi e sugli impegni scolastici “quest’anno ti devi impegnare di più” etc. è bene iniziare a richiamare alla memoria del bambino i suoi compagnetti, le sue insegnanti, ponendo in evidenza soprattutto il versante relazionale della scuola e non quello didattico; ciò per evitare che fin da subito il bambino possa percepire il peso del dovere, dell’obbligo, ma che all’inizio, soprattutto, possa riscoprire il piacere di stare di nuovo con i suoi compagni, di ritrovarli e potersi raccontare come sono andate le vacanze, cosa hanno fatto di bello, di giocare di nuovo insieme.

5. PARLARE LORO ANCHE DEI RISCHI E DEI PERICOLI A SCUOLA
Questo è un argomento molto delicato perché nel trattarlo si può andare incontro al rischio di spaventare i bambini e renderli ansiosi. Però è importante che i bambini e i ragazzi sappiano che purtroppo anche a scuola possono manifestarsi episodi di violenza. Un bambino che è preparato sa difendersi meglio dalla violenza, allora è importante affrontare il tema del bullismo, senza allarmismi, ma insegnando al bambino a saper discriminare tra gli scherzi tra compagni e la violenza fisica e psicologica. Si può far questo anche utilizzando dei racconti con i bambini più piccoli. Diverso è con i bambini che si apprestano ad iniziare le scuole elementari e soprattutto le medie. In quel caso si può parlare più apertamente con i bambini, spiegando cosa sia il bullismo, aiutandoli a riconoscere un bullo e soprattutto a sapere che di tutto si può parlare, che non ci sono cose che non possano essere dette ai genitori e agli insegnanti. È importante anche ascoltare il bambino mentre gioca a casa, spesso infatti i bambini non parlano direttamente di ciò che vivono a scuola, ma lo ripropongono nel gioco, per questo l’ascolto di un bambino durante il gioco spontaneo è molto importante per conoscere i suoi pensieri, i suoi timori e i suoi desideri.

I consigli fin qui forniti sono molto generali e vogliono essere uno spunto di riflessione; di certo non possono essere esaustivi, anche perché ogni bambino è differente dall’altro e per ognuno di loro ogni momento di passaggio è vissuto in maniera singolare e particolare e in generale è il genitore colui che può sapere cosa sia meglio per il figlio.
Ci sono tuttavia delle situazioni più problematiche, in cui si scatena una vera e propria sofferenza, mal di pancia, nausea, vomito, mal di testa, mutismo elettivo, difficoltà di attenzione, iperattività, che possono richiedere, in quel caso, l’aiuto di uno specialista per comprendere meglio quale sia il disagio che il bambino esprime.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta
Viale Croce Rossa, 77 Palermo
Mail. rob.lab@libero.it
http://studioequilibriumpalermo.blogspot.it/
https://www.facebook.com/pages/Studio-Equilibrium/1430604813886048?ref=bookmarks

giovedì 3 settembre 2015

INCONTRO DI PRESENTAZIONE E DIMOSTRAZIONE PRATICA DEL PERCORSO DI TRAINING AUTOGENO E BENESSERE EMOTIVO


Rilassare il Corpo e la Mente è un’arte che si può apprendere: il corpo influenza la mente e viceversa. L’obiettivo del Percorso è imparare una tecnica, di comprovata efficacia scientifica, per rilassare il corpo e la mente e predisporre interiormente chi la pratica ad un utilizzo più efficace delle proprie risorse interiori.

All'incontro gratuito e aperto a tutti possono partecipare tutte quelle persone che sperimentano ansia, stress, insonnia, stanchezza cronica, insicurezza, difficoltà di concentrazione o più semplicemente che sono alla ricerca di un maggiore Benessere Emotivo e un giusto equilibrio tra il Corpo e la Mente.

Visto il numero limitato di posti è consigliata la prenotazione al n. 3452197044 o alla mail studio.equilibrium@libero.it

Si consiglia di venire con abbigliamento comodo e se si può con uno stuoino o un tappetino.


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Benessere mente e corpo: il Training Autogeno

lunedì 31 agosto 2015

INCONTRO DI PRESENTAZIONE E DIMOSTRAZIONE DEL CORSO DI MASSAGGIO INFANTILE

Lo Studio Equilibrium vi invita a partecipare all'Incontro di presentazione e dimostrazione pratica del Corso di Massaggio Infantile, per bambini da 0 a 12 mesi, che partirà nel mese di Ottobre. L'incontro si terrà presso la sede dello Studio Equilibrium il 26 settembre alle 17.30. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Il numero dei posti è limitato per cui è consigliato prenotarsi al 3452197044 oppure all'indirizzo mail studio.equilibrium@libero.it

E' possibile ritirare il coupon di invito al seguente link


sabato 4 luglio 2015

4 CONSIGLI PER GESTIRE LA GELOSIA TRA FRATELLI


Nell’articolo precedente abbiamo parlato di come la gelosia sia un sentimento sempre presente tra fratelli e sorelle, sia nel caso della nascita di un fratellino o di una sorellina, sia nel caso sia il più piccolo ad essere geloso del più grande.

La gelosia tra fratelli non va misconosciuta, non si può “far finta che non esista”, al contrario, bisogna prenderne atto, tenerne conto, aiutare i propri figli ad esprimerla e imparare a gestirla.

Ecco allora dei piccoli consigli sul come fare per gestirla al meglio ed evitare pesanti ripercussioni nelle relazioni familiari.

Quando nasce un fratellino o una sorellina, in maniera quasi automatica il primogenito diventa “il grande”. Bisognerebbe sempre evitare di utilizzare questa espressione, anche perché spesso viene utilizzata per richiedere al bambino una prestazione, un comportamento, un atteggiamento più “maturi” della sua età, “dai il tuo giocattolo al fratellino, dai tu che sei grande!”. Questo provoca nel bambino una grande frustrazione che viene esternata tante volte con atteggiamenti regressivi (richiesta di aver messo di nuovo il pannolino, del ciuccio, del biberon, di stare in braccio, etc.). Questi comportamenti sono una richiesta di aiuto da parte del bambino e non vanno criticati o biasimati. Una modalità per farli cessare non è quella di dire al bambino “ma che dici? Tu ormai sei grande per queste cose” ma quella di sottolineare come egli abbia delle capacità in più rispetto al fratellino, sappia già parlare, camminare, giocare etc.

Un altro errore che comunemente si commette è quello di far subito dei confronti. Per quanto venga spontaneo farli nessun bambino si vive bene il confronto con l’altro, poiché immediatamente penserà che l’altro ha qualcosa che a lui manca. Se la mamma dice “lui da piccolo piangeva sempre, lui invece è un angioletto”, oppure “lui è disordinato, invece il piccolo è ordinatissimo” queste frasi non vengono ascoltate dal bambino come la constatazione di una differenza, magari è con questa intenzione che la mamma l’ha detta, ma come un giudizio di valore, in cui l’altro vale di più perché possiede una qualità che lui non ha. Questo vale sempre, sia nel caso della gelosia del primogenito, sia nel caso di quella del fratello minore.

“E’ il tuo fratellino e tu DEVI volergli bene!”. Questo imperativo, sempre abusato dai genitori, impone che il bambino debba amare chi gli ha usurpato il posto, chi è venuto a rompere un equilibrio e a catturare quelle attenzioni che erano tutte per lui. È un imperativo impossibile da realizzare tout court. L’affetto si costruisce, non è automatico e non bisogna pretendere che lo sia. Se il bambino esprime dei sentimenti negativi nei confronti del fratellino, anzi, gli si dovrebbe dire che lui non è obbligato a voler bene al fratellino, che di certo è obbligato a rispettarlo, a non fargli del male, ma non ad amarlo. L’amore tra i due fratelli arriverà senza bisogno che qualcuno lo imponga, anzi se il bambino si sentirà libero di non amare, alla fine paradossalmente potrà amare più liberamente.

Quando un dei due fratelli fa un dispetto all’altro o gli fa del male è spontaneo reagire alzando la voce, rimproverando e punendo.
Non è questa però la strategia più adatta poiché non fa altro che inasprire gli animi e i sentimenti tra i fratelli.
Questo non vuol dire che i bambini possano essere liberi di picchiarsi e di farsi del male, un comportamento sbagliato, pericoloso e violento va sempre bloccato fermamente. Bisogna però considerare che non è un comportamento che viene messo in atto per “cattiveria”, ma per una debolezza. Il debole è proprio chi fa del male, poiché non trova un altro modo per esprimere la sua rabbia e la sua sofferenza. Anche in questo caso, riuscire a far incanalare la rabbia e l’impotenza nel discorso, trasformando l’azione in parole, può essere più utile ed avere dei benefici a lungo termine rispetto ad un rimprovero o a una punizione.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

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Come gestire la gelosia tra fratelli


domenica 31 maggio 2015

COME GESTIRE LA GELOSIA TRA FRATELLI


Una delle difficoltà che mi viene spesso esplicitata dai genitori è “come faccio a gestire la gelosia tra i miei figli?
Bisogna considerare che quando si hanno due o più figli la gelosia è un sentimento con il quale dover “obbligatoriamente” fare i conti.
Quando incontro qualcuno che mi dice “siamo fortunati, il nostro primogenito non è assolutamente geloso del piccolo” invito i miei interlocutori a soffermarsi un po’ su questa “presunta” fortuna, facendoli riflettere sul fatto che probabilmente una gelosia “non espressa” è una difficoltà in meno per il genitore che non deve gestirla ma è di certo un problema in più per il bambino che non può esprimerla.

La gelosia tra fratelli, infatti, è sempre presente anche quando non è manifestata!

In questo caso è più problematica, poiché resta inconscia e l’inconscio ha degli effetti anche se noi non ce ne accorgiamo.
Ci sono dei bambini che arrivano in studio con alcune sintomatologie (tic, agitazione, difficoltà del ciclo sonno-veglia, etc.) che regrediscono non appena il bambino, per esempio attraverso il gioco o il disegno, riesce ad esprimere il fastidio, l’aggressività che prova nei confronti del fratellino o della sorellina.
Spesso i bambini che presentano queste problematiche sono dei bambini molto buoni, accondiscendenti, ubbidienti, dei “bravi bambini”, molto suscettibili al giudizio dei genitori, che mai potrebbero permettere a se stessi di “comportarsi male”. Sono quasi sempre dei bambini con un ipercontrollo delle loro emozioni. Ma le emozioni provate, da qualche parte scalpitano per venir fuori ed essere manifestate, e qui vengono “in aiuto” i sintomi, che sono un modo per mostrare la loro sofferenza, spostando l’attenzione dal motivo reale ad un altro.
Quando nasce un fratellino o una sorellina, quindi, bisogna sempre incoraggiare l’altro figlio ad esprimere le proprie emozioni, anche, e soprattutto, se queste sono negative. Ciò le renderà meno pesanti, più gestibili e più tollerabili al bambino.
Come sappiamo bene, infatti, il non detto, tutto ciò che noi non possiamo dire è molto più pesante da sopportare di ciò che possiamo esprimere liberamente.
Far esprimere al bambino le proprie emozioni non significa, naturalmente, dargli il permesso di maltrattare il fratellino o la sorellina o farlo sentire una “vittima” della situazione, significa, piuttosto, fornirgli uno luogo di ascolto in cui possa sfogare la sua sofferenza, possa esprimere il suo disappunto, senza per questo sentirsi svalorizzato e senza intaccare la sua autostima.
A volte capita, infatti, che un bambino che mostri la sua gelosia venga in qualche maniera biasimato per questo “ma dai…non c’è motivo di essere geloso”, “non dirmi che sei geloso del fratellino”, etc. Queste frasi gli faranno pensare che la sua reazione sia sbagliata, che l’altro non si aspetti questo comportamento da parte sua, che lui non sia adeguato a far fronte a ciò che accade.
Se invece ci troviamo di fronte ad un bambino che esprime la gelosia, la rabbia, anche con manifestazioni di aggressività fisica nei confronti del fratellino, spesso tendiamo a rimproverarlo, attribuendogli una “cattiveria” che non è reale ma che al bambino può arrivare come un’etichetta “io sono cattivo”.
Ma la gelosia può essere anche del figlio minore verso il fratello o la sorella maggiore. Questo tipo di gelosia viene meno considerata, di solito, dai genitori. Nonostante questo, però, anche questa forma di gelosia può avere degli effetti sintomatici nei bambini.
In realtà, questi effetti sintomatici non rimangono relegati all’infanzia; infatti, se non sono opportunamente compresi da parte dei genitori e dunque adeguatamente gestiti, possono avere degli strascichi anche molto pesanti nell’età adulta.
Penso che sia capitato a tutti di conoscere degli adulti che presentano delle relazioni molto problematiche con i fratelli e con le sorelle e che anche in età adulta dichiarano la preferenza di un genitore per l’uno o per l’altro, le ingiustizie subite, le esclusioni, etc.
Per tale motivo è bene porsi fin da subito il problema, sia quando la gelosia è manifesta, sia quando non lo è.
Nel prossimo articolo fornirò delle indicazioni più precise sulle modalità più adeguate per far fronte a tale problematica.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

giovedì 7 maggio 2015

GRUPPI DI PAROLA PER BAMBINI E RAGAZZI


Lo Studio Equilibrium organizza a partire dal mese di maggio dei Gruppi di Parola per bambini e ragazzi (dai 6 ai 14 anni) figli di genitori separati o divorziati.
Il gruppo di parola è un luogo in cui ogni bambino o ragazzo può parlare, in un ambiente riservato, dei propri vissuti relativi alla separazione dei genitori, può confrontarsi con altri bambini o ragazzi che vivono la medesima esperienza, può trovare un ascolto attivo che gli permetta di affrontare le proprie emozioni in un contesto NON TERAPEUTICO.

L'iscrizione al gruppo sarà preceduta da un incontro gratuito conoscitivo con i genitori, durante il quale si spiegherà l'organizzazione degli incontri, le modalità di lavoro con in bambini e le finalità dei gruppi stessi.

Per informazioni e prenotazioni è possibile chiamare ai numeri presenti sul volantino oppure scrivere una mail a studio.equilibrium@libero.it

Dott.ssa Roberta La Barbera, Psicologa e Psicoterapeuta
Dott.ssa Elisabetta Liberti, Mediatrice Familiare

sabato 2 maggio 2015

Rilassiamoci Insieme! Percorso di Rilassamento per Genitori e Bambini


Lo Studio Equilibrium ha organizzato il Percorso "Rilassiamoci Insieme!". E' un percorso di Rilassamento per genitori e bambini che inizierà a Maggio che coinvolgerà insieme genitori e bambini. Durante questo Percorso verranno insegnate delle tecniche
di rilassamento
adatte ai bambini, con l'ausilio delle fiabe, ma che saranno sperimentate ed imparate anche dai genitori, che successivamente potranno riprodurle anche a casa.
E' un percorso innovativo che punta a creare un momento di scambio emotivo forte tra i genitori ed i bambini e che può aiutare i genitori nella gestione di particolari comportamenti dei bambini, spesso effetto di tensioni, ansia e stress che i piccoli sperimentano.
Vai alla nostra pagina facebook e scarica il coupon per un incontro di dimostrazione gratuito!

Dott.ssa Roberta La Barbera
Dott.ssa Silvia Giolitto

mercoledì 29 aprile 2015

PERCHÉ DOBBIAMO SEMPRE SALUTARE I NOSTRI FIGLI QUANDO STIAMO USCENDO



Capita molto spesso che le mamme si sentano in difficoltà quando devono uscire da casa (per andare a lavorare, per andare a sbrigare delle faccende, etc.) e devono lasciare il proprio bambino con la baby sitter, con i nonni, con qualcuno che in quel momento si occupi del piccolo.
Questa difficoltà che la mamma prova nel separarsi dal proprio bambino e nel lasciarlo alle cure di qualcun altro si acuisce quando anche il bambino reagisce negativamente alla separazione dalla mamma, iniziando per esempio a piangere quando la mamma si allontana.
Quando capita questo, talvolta si cerca una soluzione al pianto del bambino andando via di nascosto.
Questa pratica, seppur possa sembrare utile per evitare che il bambino pianga, in realtà è errata e dannosa per il bambino.

Ora vedremo perché.

Il bambino non piange fin da piccolissimo alla separazione dalla mamma; inizia a piangere, orientativamente verso gli 8 mesi. Questa è un’età del piccolo in cui si sviluppa la cosiddetta “angoscia dell’estraneo”. Molti genitori se ne saranno accorti “ma come mai fino a qualche tempo fa sorrideva a tutte le persone che incontrava e adesso invece se incontriamo qualcuno che non conosce si mette a piangere?”. Questo accade perché il bambino sta crescendo e va sviluppando il riconoscimento dei volti familiari e fa una selezione; al “sorriso sociale”, generico, indirizzato a chiunque, si sostituisce un sorriso più specifico, rivolto solo alle persone che il bambino conosce.
Questa è una tappa fondamentale dello sviluppo del bambino ed è importante che venga raggiunta, non si tratta di bambini che tutt’a un tratto non sono più “socievoli” ma di bambini capaci di discriminare tra il familiare e l’estraneo!

Ma cosa c’entra questo con la separazione dalla mamma, ci si potrebbe chiedere.

Prima di questa fase il bimbo pensa, potremmo dire, secondo la famosa frase “lontano dagli occhi lontano dal cuore”; cioè il piccolino non ha ancora la capacità di mentalizzare l’immagine dell’altro che si è allontanato e per questo quando è nei primi mesi di vita, di solito, non piange se la mamma si allontana.
A otto mesi circa, invece, “lontano dagli occhi non è lontano dal cuore” ed allora la mamma che si allontana, ma che resta come immagine nei pensieri del bambino, “dove va?”, “Perché non resta qui con me?”
Qui inizia l’angoscia di separazione dalla mamma, angoscia che spesso è anche reciproca, poiché anche la mamma tante volte si angoscia dal doversi separare dal suo bambino.
Ma è una separazione necessaria che però va gestita nel modo più corretto.
Sparire di nascosto, infatti, da un lato non fa piangere sul momento il bambino, ma che effetto ha su di lui? Il bimbo adesso sa che la mamma continua ad essere da qualche parte, ma ad un tratto non la vede più e non sa che la mamma ritornerà! Il piccolo può angosciarsi davanti a questo e sentirsi sfiduciato nei confronti di un altro che lo ha in quel momento abbandonato.
Allora è importante mettere in atto delle piccole strategie, accettando anche il fatto che all’inizio il piccolo potrà anche piangere, ma successivamente il pianto scomparirà ed il bambino avrà comunque fiducia nel ritorno della mamma e non si sentirà sconfortato ed abbandonato a se stesso.
La prima strategia da mettere in atto consiste nell’iniziare fin da piccoli a giocare a “cucù”. Il gioco del “cucù” è un gioco molto importante perché aiuta il bambino a comprendere che la sparizione dell’altro è solo momentanea, che l’altro sparisce ma subito dopo ricompare!
Un’altra strategia è quella di creare un rituale. I bambini sono sempre molto rassicurati dai rituali, per loro fare sempre la stessa cosa è un modo per controllare la realtà e per non essere soggetti passivi ma avere un ruolo attivo in questo. Il rituale implica qualcosa di già conosciuto, il che è sempre una rassicurazione. Ogni mamma può inventare il rituale che preferisce, dovrebbe utilizzare sempre le stesse parole “adesso la mamma va al lavoro, tornerà dopo e ti darà un grande bacio”, fare sempre la stessa azione “ora ci diamo tre baci e così ci salutiamo” e contare “uno, due e tre”, e così via! L’importante è che il bambino ascolti sempre le stesse parole e faccia sempre le stesse azioni. Questo gli farà capire che è arrivato il momento che la mamma vada via ma che poi tornerà. I primi giorni può darsi che piangerà, ma poi grazie al rituale il pianto non si manifesterà più.
Una cosa fondamentale è che la mamma si distacchi dal bambino con il sorriso sulle labbra, facendo percepire al piccolo che lei non è angosciata dal lasciarlo, che va tutto bene, che la mamma è contenta. I bambini sono molto sensibili alle emozioni e ai sentimenti dell’altro, soprattutto della mamma, e non c’è bisogno che questi vengano espressi, i bambini se ne accorgono lo stesso. Un bambino che percepisce l’ansia nella mamma che si sta allontanando percepirà che c’è un pericolo da qualche parte, che la mamma non è sicura, non è tranquilla e l’ansia della mamma verrà trasmessa al piccolo.
Infine, soprattutto con i bimbi più grandi, dai 18 mesi in su, la mamma può lasciare loro un piccolo oggetto di sua proprietà che il bimbo può tenere con sé e che poi le restituirà quando lei tornerà.
Questi sono semplici consigli per evitare che si commetta l’errore di lasciare il bambino senza un punto di riferimento, in balìa di un altro non controllato e non controllabile che non gli dà alcuna sicurezza e fiducia.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

mercoledì 22 aprile 2015

PERCORSO DI RILASSAMENTO PER GENITORI E BAMBINI "RILASSIAMOCI INSIEME!"


Lo Studio Equilibrium ha organizzato il Percorso "Rilassiamoci Insieme!". E' un percorso di Rilassamento per genitori e bambini che inizierà a Maggio che coinvolgerà insieme genitori e bambini. Durante questo Percorso verranno insegnate delle tecniche
di rilassamento
adatte ai bambini, con l'ausilio delle fiabe, ma che saranno sperimentate ed imparate anche dai genitori, che successivamente potranno riprodurle anche a casa.
E' un percorso innovativo che punta a creare un momento di scambio emotivo forte tra i genitori ed i bambini e che può aiutare i genitori nella gestione di particolari comportamenti dei bambini, spesso effetto di tensioni, ansia e stress che i piccoli sperimentano.
Il primo incontro di maggio sarà libero e gratuito in modo che si possano sperimentare di persona i benefici di questo Percorso.
Per tutte le informazioni e per le prenotazioni per l'incontro gratuito di prova si può chiamare ai numeri presenti sul volantino oppure inviare una mail a studio.equilibrium@libero.it

Dott.ssa Roberta La Barbera
Dott.ssa Silvia Giolitto

mercoledì 15 aprile 2015

CHE COS'E' LA MEDIAZIONE FAMILIARE

Ecco qui di seguito una breve presentazione che la Dott.ssa Elisabetta Liberti ci fornisce della Mediazione Familiare:


Perché in un momento di difficoltà della vita di una coppia, che coinvolge importanti stati emotivi e interessa settori di ogni specie da quello affettivo a quello economico a quello relazionale, si dovrebbe ricorrere alla Mediazione Familiare?

Perché la Mediazione Familiare è una chance, una possibilità che la coppia dovrebbe offrire a se stessa, attraverso l’aiuto di un professionista all’uopo specializzato.

Lo scopo è quello di accompagnare la coppia nella transizione da coniugi a genitori.

La fine di una relazione coniugale è sempre dolorosa per la coppia, per i figli, per i familiari. L’esperienza può essere gestita, con l’aiuto di uno specialista, in modo meno traumatico, finalizzato alla « salvezza » della relazione che si trasforma ma non si perde.

Ogni momento è buono per rivolgersi ad un Mediatore Familiare. Attraverso questo percorso, si può cercare di evitare di esasperare la relazione e portare avanti l’obiettivo che comunque resta comune a due genitori per tutta la vita: quello dell’equilibrio nella crescita dei figli.

La coppia che riesce a concludere positivamente un percorso di Mediazione Familiare e a lasciare dietro di sé il conflitto per dare spazio ad un nuovo rapporto, può certamente ritenersi soddisfatta. Non necessariamente il fallimento della relazione coniugale deve avere come conseguenza l’allontanamento tra i componenti della famiglia. Questa si può “trasformare” e rimanere un “punto fermo” per i propri figli.

Dott.ssa Elisabetta Liberti
Mediatrice Familiare

lunedì 13 aprile 2015

L'ORSETTO DELLE REGOLE


Come possiamo far sì che i nostri figli seguano le regole che abbiamo in famiglia?
Quante volte ci ritroviamo a ripete centinaia di volte le stesse cose senza che ciò ottenga alcun risultato?
Possiamo far seguire le regole in due modi: possiamo imporle oppure possiamo trovare una strategia alternativa, sicuramente molto più funzionale ed efficace.
Per esempio, possiamo inventarci “L’ORSETTO DELLE REGOLE”.
Che cos’è?
L’Orsetto delle Regole (o qualunque altra immagine si voglia usare) è un’immagine raffigurata in un quadretto in casa che viene scelto dai genitori come “LUOGO DELLA LEGGE”.
Qualunque regola vi sia in casa, qualunque divieto o obbligo, viene deciso dall’Orsetto delle Regole.
Questa strategia funziona perché da un lato evita l’utilizzo dell’imperativo da parte dei genitori “l’orsetto dice che alle nove bisogna andare a letto” è diverso da “sono le nove, vai a letto”; dall’altro eventualmente sposta l’aggressività del bambino che deve sottostare alla regola, dal genitore all’orsetto; infine fa sì che anche i genitori siano dal canto loro non tanto i depositari del potere, quanto, a loro volta sottoposti alla legge, a delle regole; tutto ciò faciliterà molto il processo educativo.
Spesso la comunicazione tra genitori e figli avviene, infatti, utilizzando l’imperativo “fai quello, fai questo, rimetti in ordine la stanza, lavati le mani”, etc. etc.
Davanti all’imperativo la risposta dei nostri figli è spesso “no”.
Come mai?
Perché l’imperativo trasmette un potere dei genitori sui figli, potere che i figli rifiutano, dicono “no” anche solo per il fatto che glielo abbiamo ordinato noi.
Avrete notato tante volte come la stessa cosa detta dal genitore e detta da un’altra persona abbia un valore differente, al genitore viene detto “ no”, se lo dice qualcun altro viene detto “si”.
Questo avviene perché i figli, naturalmente, si oppongono al potere dei genitori, non si sottomettono, si difendono da esso.
Allora è molto più semplice quando dobbiamo chiedere ai nostri figli di fare qualcosa o quando dobbiamo impedire loro qualcosa, non usare l’imperativo ma spostare il luogo delle regole, il luogo della legge. Non più incarnata dal genitore ma esterna ad esso.
Essere sottoposti alla legge significa dover rendere conto a qualcun altro della vostra attività di genitore, significa che voi non avete un potere di “vita o di morte” sul vostro bambino, ma che c’è qualcuno che è al di sopra di voi, l’Orsetto, che vi controlla e che vuole conto e ragione di come fate i genitori. Non c’è cosa più minacciante, infatti, di una mamma o di un papà onnipotente, che sa tutto e che decide tutto a suo piacimento.
L’educazione che voi impartite ai vostri figli non è a piacer vostro. Ma è un’educazione finalizzata al suo benessere fisico, psichico e sociale. Voi avete il dovere di garantirgli una crescita sana, serena e di farne un giorno degli adulti capaci di lavorare, di assumersi delle responsabilità, di divenire a loro volta genitori, di instaurare dei legami sociali, di vivere con gli altri, di cooperare, di provare empatia e solidarietà.
Se voi vi ergete a capi indiscussi “la legge sono io” sarete per il vostro bambino sempre minacciosi e dalle minacce ci si difende come si può. Al contrario se vi ponete su un altro piano, più limitato, e questo potere lo spostate all’esterno, allora esso sarà più tollerabile e vivibile.
L’Orsetto delle Regole è una strategia che può essere utilizzata con i bambini piccoli, con i ragazzini più grandi il discorso non cambia, nel senso che anche in questo caso non deve essere il genitore il detentore della legge ma per esempio si può, per ogni regola che deciderete di avere in casa, dare una motivazione altra rispetto alla vostra volontà. “Si va a letto alle nove”, il bambino chiederà “perché?”, “perché studi scientifici hanno dimostrato che un bambino di nove anni (per esempio) deve dormire 10 ore a notte e siccome tu ti svegli alle 7.00 allora devi andare a dormire alle nove per poter essere riposato e poter affrontare la giornata!”
“Prima di mangiare ci si lava le mani” è diverso dal dire “vai a lavarti le mani”, la seconda frase è un imperativo dato da un genitore che dà degli ordini, la prima frase, impersonale, apre anche ad una dialettica “sai perché ci si lava le mani? Perché esistono degli animaletti che sono sulle tue manine e che al contatto con il cibo possono farti venire tanto male al pancino”. Si è passati da un ordine ad una spiegazione in cui il “cattivo” della situazione non è più il genitore che esige un determinato comportamento, ma l’animaletto che fa male al pancino.
Si potrebbe continuare all’infinito con gli esempi ma ognuno di voi inventerà quelli che ritiene più adatti alla situazione.
Il punto fermo deve essere in ogni caso, a prescindere dall’età del bambino, la capacità di SPOSTARE il luogo della legge, di farne un luogo esterno alla famiglia, un luogo altro dove qualcosa è già stato deciso e al quale non solo il bambino ma anche i genitori devono sottomettersi.
Vedrete come il bambino sia molto più propenso a seguire le regole dell’Orsetto piuttosto che le regole dettate direttamente dai genitori.
E se il vostro obiettivo è quello di far sì che i vostri figli diventino delle persone oneste, che sappiano accettare i limiti, le regole che la società impone, che sappiano avere rispetto per gli altri, non c’è migliore strategia di quella di “dare l’esempio”.
Un genitore che segue le regole sarà un ottimo esempio per un bambino che diventerà domani un adulto.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

lunedì 30 marzo 2015

LETTONE SÌ… LETTONE NO


Una delle domande che spesso mi viene posta dai genitori è “come faccio a far uscire mio figlio dal lettone?

Il problema è controverso e il dibattito tra chi è favorevole al “co-sleeping” (come lo chiamano gli anglosassoni) e chi è contrario è molto acceso.

Il mio articolo di oggi non vuole entrare nel merito di ciò che sia giusto e ciò che sia sbagliato ma vuole fornire uno spunto di riflessione in merito a questa tematica molto sentita da tutti i genitori.
Di solito quando mi si pone la domanda che ho esplicitato all’inizio la mia risposta è un’altra domanda: “come mai suo figlio dorme nel lettone?

A questa domanda seguono le risposte più differenti: a volte perché il bambino sta male e richiede un maggiore controllo durante il sonno, altre volte perché la mamma allatta e in questo modo risparmia un po’ di energia e riprende subito sonno, oppure il bimbo lasciato nel suo lettino piange e si tranquillizza con il contatto fisico e con il calore materno, etc. etc.

Suddividerei le risposte, generalizzando, in due grandi filoni:

lettone come esigenza del bambino
lettone come esigenza dei genitori

Volendosi focalizzare sul lettone come esigenza dei genitori (spesso più delle mamme), molte volte le risposte che ricevo sono relative ad una soddisfazione che le madri stesse ottengono dal dormire insieme al figlio, senza che sia stato il bambino a richiedere di dormire con i genitori:

è davvero una meraviglia dormire con il mio piccolo. Mi sveglia la mattina o quando si addormenta mi accarezza
siamo un tutt’uno, lui dorme sempre sul mio petto e lo tengo abbracciato
averla vicina in fondo ci piace
perché ci piace tanto!
certo prendiamo calci e pugni ma in fondo è bellissimo, non torneranno mai questi tempi!
perché, lo confesso, mi piace tenerla lì
amo mettere il mio cucciolo nel lettone per puro e semplice piacere! Il tempo vola e... voleranno gli anni ed io mi voglio godere a pieno il mio cucciolino
mi piace dormire con mio figlio.


Tutte queste risposte indicano come ci siano delle situazioni in cui la madre (o entrambi i genitori) provano piacere nel dormire con il loro piccolo, che quindi la scelta di dormire insieme a lui non parta da una richiesta del bambino, che magari ricerca il contatto con la mamma, gli odori, il calore, ma da un bisogno della mamma stessa di condividere il sonno con il suo bambino.

Ci si potrebbe chiedere cosa ci sia di male in questo? Cosa ci sia di sbagliato?

Se è vero che i bambini hanno bisogno del calore materno, dell’amore, dell’affettività, delle coccole, è altresì vero, però, che fin da piccolissimi i bambini hanno bisogno del limite, hanno la necessità che il rapporto con la madre non diventi un rapporto di fusione, simbiotico, in cui può rischiare di venir meno la soggettività del bambino.

Risposte come quelle esposte sopra, indicano il rischio che possa esserci nella mamma una tendenza ad una relazione fusionale e simbiotica con il proprio bambino, una relazione che porta ad ostacolare il sano sviluppo verso l’autonomia e l’indipendenza del bambino.

Certamente questa risposta da sola non può bastare a definire una situazione potenzialmente “pericolosa” per la crescita del bambino, ma può essere un campanello d’allarme che può, quanto meno, fare insospettire.

In questi casi, quindi, dietro la domanda esplicita “come faccio a far uscire mio figlio dal lettone” si cela il desiderio implicito che ciò non avvenga, e i bambini sono molto sensibili al desiderio materno, anche a quello non esplicitato, non detto, per cui con il loro comportamento di rifiuto ad abbandonare il lettone rispondono implicitamente al desiderio della mamma, che rimangano sempre piccoli, sempre vicini, che non si separino dai genitori.

Un altro aspetto da non sottovalutare è poi il significato simbolico del lettone. Il letto matrimoniale, così come lo indica la parola stessa, è il luogo della coppia, è il luogo di mamma e papà, e in quanto luogo simbolico è carico di tutta una serie di significati importanti per il bambino.
Così come ho già descritto nel mio articolo “RELAZIONE DI COPPIA CON L’ARRIVO DI UN FIGLIO, VITA SESSUALE,MATERNITÀ E PATERNITÀ”, per un bambino non è importante soltanto sapere di essere nato dal desiderio di mamma e papà verso di lui, per un bambino è fondamentale sapere di essere nato dal desiderio di un uomo per una donna e viceversa, di essere il frutto del desiderio di una coppia, dell’amore tra il padre e la madre. Il luogo della coppia, allora, assume quel significato simbolico.

Ma allora il bambino può sentirsi escluso?

Certo! Anzi, il bambino deve sentirsi escluso da ciò che circola tra il padre e la madre, in quanto uomo e donna, ed è da tale esclusione che prende vita tutto lo sviluppo affettivo del bambino o della bambina e che un giorno lo o la porterà ad avere delle relazioni affettive sane.

Il bambino deve aver chiaro fin dall’inizio che lui è amato dai suoi genitori, ma che c’è qualcosa tra il padre e la madre che non lo riguarda, che concerne solo loro in quanto uomo e donna.

Tante volte, dopo quella famosa domanda di cui sopra, sono emerse situazioni in cui il bambino nel lettone contribuiva all’allontanamento della coppia, all’esclusione del padre, sfrattato e mandato a dormire nel lettino del bambino, all’alibi perfetto per evitare la sessualità; sono tutte condizioni cliniche evidenti, certo non frequenti, ma neppure molto rare.

Infine un capitolo a parte andrebbe aperto nei casi di separazione, in cui spesso le mamme, rimasto vuoto il posto nel lettone del marito, invitano il figlio o la figlia a dormire lì con loro “per compagnia”.

Ma questo è un altro argomento che merita una trattazione più approfondita.



Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta
Viale Croce Rossa, 77
90145 Palermo

rob.lab@libero.it

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http://studioequilibriumpalermo.blogspot.it/

venerdì 27 marzo 2015

"RICOMINCIAMO DA NOI!" PERCORSO DI BENESSERE PSICOLOGICO PER PERSONE SEPARATE


Ricominciamo da noi!” è un percorso di Benessere Emotivo e di Consapevolezza di Sé finalizzato a fornire degli strumenti per imparare ad affrontare al meglio i problemi e le sfide che una separazione richiede. Chi intraprende questo percorso, troverà delle strategie per elaborare la separazione e riorganizzare la propria vita, per risolvere eventuali conflitti e difficoltà quotidiane. Affiancati da esperti, si potranno apprendere, altresì, tecniche di rilassamento e di gestione dell’ansia.

Il percorso, inoltre, vi aiuterà a trovare un nuovo equilibrio, per una famiglia che deve riorganizzarsi, si troveranno le giuste modalità per vivere la genitorialità in una maniera nuova e differente, al fine di far sì che i bambini ed i ragazzi possano continuare la loro crescita ed il loro sviluppo serenamente, anche in presenza di due genitori che non vivono più insieme. Inoltre, infine, si affronterà l’aspetto relativo all’eventuale presenza di nuovi compagni e alla possibilità che ciò diventi una risorsa per la realizzazione della propria famiglia e per lo sviluppo dei propri figli e non un ostacolo.

E' rivolto:
a chi sta vivendo o ha vissuto una separazione e vuole ricominciare una nuova vita ripartendo dalle proprie risorse;
a chi vive, a causa della separazione, situazioni di sofferenza, stress, ansia, depressione, insonnia;
ai genitori separati in cerca di nuovi equilibri familiari, di nuovi modelli di genitorialità condivisa o congiunta;
a chi non riesce a garantire ai propri figli una serenità ed uno sviluppo armonico;
a chi sceglie di ricreare una nuova famiglia iniziando nuovi legami senza che ciò comprometta il benessere dei propri figli.

Il Percorso è articolato in incontri individuali, una parte dei quali con la Dott.ssa Silvia Giolitto, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale per ciò che riguarda la gestione dell’ansia, le tecniche di rilassamento e le modalità per trovare nuove strategie personali per la gestione dei conflitti e delle difficoltà, e altri incontri individuali con la Dott.ssa Roberta La Barbera, Psicologa, Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico, specializzata nell’ambito infantile, adolescenziale e nelle consulenze genitoriali.

Il percorso sarà preceduto da un incontro conoscitivo gratuito durante il quale vi sarà una presentazione del progetto e la valutazione delle esigenze personali, sulla base delle quali sarà possibile personalizzare il tipo e il numero degli incontri.

Il Percorso si tiene presso lo Studio Equilibrium, Viale Croce Rossa, 77 Palermo
Tel 3474475579 - 3452197044Mail studio.equilibrium@libero.it

Anche il costo dell’intero Percorso “Ricominciamo da noi!” sarà personalizzato sulla base delle esigenze emerse durante l’incontro conoscitivo.

lunedì 23 marzo 2015

PERCORSO DI TRAINING AUTOGENO E BENESSERE EMOTIVO PER STUDENTI


Rilassare il Corpo e la Mente è un’arte che si può apprendere: il corpo influenza la mente e viceversa. L’obiettivo del Percorso è imparare una tecnica, di comprovata efficacia scientifica, per rilassare il corpo e la mente e predisporre interiormente chi la pratica ad un utilizzo più efficace delle proprie risorse interiori. Questo Percorso è espressamente pensato per gli Studenti, oggi più che mai confrontati con le innumerevoli distrazioni, con difficoltà di concentrazione, con l’ansia da prestazione, l’insonnia.
E' rivolto a tutti quegli Studenti di Scuola Secondaria di Secondo Livello (Licei, Istituti Tecnici, Istituti Professionali) e/o Universitari, che sperimentano difficoltà di concentrazione, ansia da interrogazione o da esame, stress, insonnia, stanchezza cronica, insicurezza.

Il Percorso è articolato in n. 4 incontri della durata di circa un’ora e mezza ciascuno.
È tenuto dalla Dott.ssa Silvia Giolitto, Psicologa, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale e dalla Dott.ssa Roberta La Barbera, Psicologa, Psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico.

Le date degli incontri saranno concordate al momento dell’iscrizione.

lunedì 16 marzo 2015

GENITORI SEPARATI E NUOVI COMPAGNI


Il presente articolo si pone l’obiettivo di suscitare una riflessione in tutti quei genitori che vivono una nuova relazione dopo una separazione o un divorzio. Il tema è molto vasto e può essere affrontato solo “caso per caso”.
Ad ogni modo le indicazioni generali che qui vengono fornite possono aiutare a riflettere sulla modalità con la quale si sta gestendo questa situazione così delicata.
Una domanda che chi è separato si pone spesso è:

Come faccio a ricostruirmi una vita amorosa con una nuova persona?

A questa domanda potrebbero arrivare le risposte più differenti che vanno dall’estremo in cui nel momento in cui ci si separa ci si deve occupare solo ed esclusivamente dei figli, all’altro estremo in cui è giusto rifarsi una vita, perché tanto poi i figli se ne andranno e si rimarrà soli.
Tra questi due estremi, come sempre, ci sono molte vie di mezzo.

Vediamo cosa dovrebbe fare il genitore e cosa il compagno o la compagna.

Per quanto riguarda il genitore separato, innanzitutto, è bene aver chiaro se si tratti di una separazione consensuale (non in termini giuridici, ma effettivamente voluta da entrambi i coniugi) o una separazione che uno dei due subisce a causa della decisione dell’altro. Inoltre è importante valutare se la separazione è avvenuta già per la presenza di un’altra persona oppure no ed il compagno/a è subentrato/a successivamente.
Sono questi dei dati fondamentali per analizzare in che modo i due genitori separati vivano la loro separazione e in che modo possano farla vivere ai loro figli.
È un dato di fatto, purtroppo, che chi paga di più le spese di una separazione quasi sempre sono i bambini, che si ritrovano spesso al centro di conflitti, di rabbie, di diatribe, di ostruzionismi che compromettono il loro sviluppo psicologico e che possono lasciare delle TRACCE INDELEBILI, delle conseguenze nefaste sia per la loro crescita che per le loro stesse future relazioni amorose.
Molto spesso, però, purtroppo questo non viene valutato e i due genitori così presi dalla loro sofferenza, dai loro vissuti, dai loro conflitti a tutto pensano fuorché al benessere dei figli.
Assistiamo quindi a situazioni in cui le madri per vendetta proibiscono ai padri di vedere i figli, a genitori che litigano davanti ai bambini, che davanti ai figli parlano male del padre o della madre, che raccontano dettagli che dovrebbero restare intimi alla coppia, e così via…; assolutamente noncuranti di come tutto ciò possa toccare i bambini, come possa da loro essere vissuto.
Tante volte ho sentito madri parlar male dell’ex marito davanti ai figli dicendo “tanto devono sapere chi è il loro padre, il male che mi ha fatto”, dimenticando che un uomo può anche essere un pessimo marito o compagno ma essere al contempo un ottimo padre. Altre volte padri che attaccano le loro ex mogli non valutando il male che possono fare ai figli, che sentono parlar male della propria mamma.

Tutto ciò viene complicato ancor di più quando sono presenti nuovi compagni o compagne.

I bambini spesso vivono con un grande senso di colpa la separazione dei loro genitori, a partire da un pensiero egocentrico, soprattutto quando sono relativamente piccoli, si fanno l’idea che in qualche modo loro siano responsabili della separazione. Tutto ciò nel migliore dei casi è vissuto a livello consapevole e quindi il bambino può anche esprimere questa sua convinzione e può anche essere rassicurato; altre volte però, il bambino non vive consapevolmente questo senso di colpa e lo agisce sul piano del comportamento, con atteggiamenti oppositivi, provocatori, iperattività, aggressività.
Il senso di colpa può peggiorare se il bambino inizia a frequentare il nuovo compagno della mamma o la nuova compagna del papà. Innanzitutto è bene precisare che più di una volta mi è capitato di ascoltare bambini, figli di genitori separati, essere angosciati dall’idea che la mamma o il papà potessero avere un compagno o una compagna perché quest’ultimo/a avrebbe preso il posto di uno dei due genitori.
Anche quando questo pensiero non fosse presente, spesso il bambino che conosce e frequenta il nuovo compagno o la nuova compagna e magari ci si trova anche bene, sperimenta un grande senso di colpa nei confronti del genitore. Se il bambino conosce il nuovo compagno della mamma ed instaura con lui una relazione significativa, penserà di dare un dispiacere al papà, che sta facendo una cosa sbagliata, che non dovrebbe provare questa simpatia perché a papà di sicuro non farebbe piacere, la stessa cosa vale per la compagna di papà.
Tutto ciò, maggiormente accentuato da un’eventuale conflitto a questo proposito tra i due ex coniugi.
Se un bambino sa che la mamma non ha accettato che il papà abbia una compagna, se sente la mamma lamentarsi di questo, criticare l’ex marito, provare gelosia, avrà enormi difficoltà ad accettare questa persona, perché non vorrà mai dispiacere la mamma. Tutto ciò vale anche per un eventuale compagno della mamma rispetto al papà.
Inoltre non dobbiamo sottovalutare la normale gelosia dei figli nei confronti dei genitori. Ogni bambino ed ogni bambina prova dei sentimenti ambivalenti nei confronti dei genitori, poiché se da un lato il bambino prova gelosia, per esempio nei confronti della mamma, o la bambina nei confronti del papà, dall’altro questa gelosia viene mitigata dall’amore che il bambino o la bambina ha per l’altro genitore.
Nel caso di un nuovo compagno o di una nuova compagna tutto ciò non accade. Il bambino o la bambina non ha sviluppato una relazione affettiva nei confronti di questa persona. “Per me non rappresenta nessuno” è qualcosa che tante volte i figli di genitori separati dicono a proposito dei nuovi compagni. La gelosia, quindi, non ha possibilità di essere mitigata e si esprime a volta con tutta la sua aggressività, sofferenza, angoscia.

Cosa fare allora?

La prima cosa da fare sarebbe quella di strutturare prima una relazione affettivamente valida, facendo, ad esempio, entrare nella vita dei propri figli questa persona in maniera graduale, non invadente, rispettosa degli spazi e dei tempi dei bambini. Permettere ai bambini di iniziare a voler bene al proprio compagno o alla propria compagna e via via gradualmente far comprendere ai bambini che il legame tra il proprio genitore e questa persona inizia ad essere qualcosa in più dell’amicizia, può aiutare i bambini a vivere meglio questa situazione nuova che, ricordiamoci sempre, loro non hanno chiesto!
Bisogna ricordare sempre che i bambini SUBISCONO la separazione dei genitori, che nell’immaginario del bambino ci sarà sempre il DESIDERIO che papà e mamma tornino insieme, e un nuovo compagno o compagna, anche quando non è stato direttamente la causa della separazione, è un ostacolo alla realizzazione di questo desiderio.
Chi si ritrova ad iniziare una relazione con un genitore separato dovrà essere disposto a stare sempre un passo indietro. Dovrà avere la sensibilità di pensare che un’eventuale rabbia o aggressività nei suoi confronti non è rivolta alla sua persona in quanto tale ma a ciò che la persona rappresenta e quindi non dovrà viversi gli eventuali dispetti, sfide, gelosie, aggressività sul piano personale ma in riferimento a ciò che egli o ella rappresenta per il bambino.
I comportamenti e gli atteggiamenti variano naturalmente al variare dell’età del bambino, per cui ciò che è essenziale è sempre una certa elasticità, il non arroccarsi in posizioni rigide, l’ascolto del bambino, ascolto sia delle parole che dei comportamenti, il rispetto dei suoi vissuti, la capacità di mettersi ogni tanto nei suoi panni e cercare di comprendere cosa possa provare, come possa vivere questa situazione.
Un atteggiamento empatico, in cui si vestono i panni dell’altro, spesso ci riserva delle sorprese; vedere le cose dal punto di vista dell’altro ci può far assumere dei comportamenti più adeguati e soprattutto più rispettosi nei confronti dei bambini.
Un altro errore che spesso si compie è quello di essere sempre presenti, con una presenza che dal bambino viene vista come invadente, ingombrante, anche quando non siano queste le intenzioni dell’adulto.
Un bambino che sta con il papà, per esempio, un weekend ogni 15 giorni, ha il DIRITTO di trascorrere del tempo da solo con il papà, senza la presenza della nuova compagna. A volte capita, soprattutto con i bimbi più piccoli, che alcuni papà possano richiedere la presenza della compagna, per sentirsi supportati nella loro funzione genitoriale, per l’accudimento del bambino, etc. In questo caso, dovrebbe essere la compagna stessa a rassicurare il papà delle sue capacità e del fatto che non abbia bisogno di lei e lasciare al bambino tutto il tempo necessario da vivere insieme al suo papà.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta

martedì 3 marzo 2015

PERCORSO DI TRAINING AUTOGENO E BENESSERE EMOTIVO

Lo Studio Equilibrium organizza un Percorso di Training Autogeno e di Benessere Emotivo: una pausa rilassante per il Benessere della Persona!

Per tutti i dettagli potete consultare la locandina allegata.



venerdì 27 febbraio 2015

COME SPIEGO A MIO FIGLIO LA PEDOFILIA


Come si fa a parlare di pedofilia con i propri bambini? È una domanda che molti genitori, oggi più che mai, si pongono.
Se da un lato il timore è quello di spaventare i propri bambini, di allarmarli, di renderli sospettosi nei confronti degli altri, dall’altro, però, si fa avanti l’esigenza di proteggerli dal pericolo, dalla violenza, dagli abusi.

È bene, allora, iniziare fin da quando sono piccoli ad affrontare l’argomento, anche se bisogna farlo in maniera differente a seconda dell'età del bambino.

PER BIMBI PICCOLI, FINO A 6 ANNI, UNO STRUMENTO UTILE E’ LA FIABA. La fiaba, infatti, è un racconto che pone il bambino di fronte alla dicotomia e alla continua lotta tra il Bene ed il Male. Il “mondo delle favole” infatti non è solo un mondo fantastico e magico, ma è anche un mondo in cui esiste il “cattivo”, il “malvagio” che lotta per sopraffare il “buono”, per sconfiggerlo.
Attraverso le fiabe, allora, i genitori possono far comprendere ai bambini che esistono delle persone cattive, malvagie, che possono far loro del male, fingendosi persone amiche (basti pensare alla strega di Biancaneve quando prende le sembianze della vecchietta gentile). In tal modo è opportuno sottolineare ai bambini che quando qualcuno li avvicina, parla loro, offre loro qualcosa di buono o accattivante (come la mela di Biancaneve) bisogna sempre dirlo a mamma e a papà e non accettare mai ciò che viene offerto.
È importante anche insegnare ai bambini, già così piccoli, che non c’è nulla di cui non si possa parlare con mamma e papà, che se qualcuno dice loro “questo non lo devi raccontare a nessuno” si sbaglia, poiché i bambini ai genitori possono raccontare tutto ciò che vogliono, a maggior ragione quando qualcuno dice loro di non farlo!
Inoltre, anche se ciò può provocare imbarazzo e reticenza, bisogna far presente ai bambini che nessun adulto, al di fuori delle normali attività di igiene e pulizia, è autorizzato a toccare gli organi genitali dei bambini. Lo si dirà con un linguaggio comprensibile a seconda dell’età, ma lo si deve dire! A volte, infatti, le molestie e gli abusi vengono presentati come un “gioco”; invece, fin da subito, è necessario che i bambini comprendano che nessun adulto può giocare con i loro organi genitali, e che se qualcuno ha mostrato questa intenzione è bene dirlo subito ai genitori.

AI BAMBINI DAI 6 ANNI IN POI si può anche iniziare a parlare di pedofilia, di pedofili, spiegando ai propri figli che esistono delle persone cattive o malate che possono far loro del male, senza creare un clima allarmistico ma in ogni caso cercando di insegnar loro a stare in guardia, soprattutto in riferimento a particolari situazioni.
A questo punto bisogna anche iniziare a definire meglio alcune “regole di sicurezza” da condividere con i bambini in un clima di fiducia e serenità, in cui il bambino possa sentirsi libero di poter dire tutto ai propri genitori senza sentirsi giudicato, criticato o rimproverato.
Se fino all’età di 6 anni circa, difficilmente i bambini possono trovarsi fuori dal controllo di un adulto, con l’inserimento alla scuola elementare può capitare che essi vadano a scuola da soli, oppure che all’interno della scuola vadano in bagno senza l’assistenza, e così via.
A partire da questa età, quindi, è necessario far comprendere al bambino che è importante che i suoi genitori sappiano dove si trova e in compagnia di chi; bisogna anche concordare con il bambino cosa debba fare nel caso si allontanasse dai genitori in un luogo affollato, in un centro commerciale, assicurandosi che abbia imparato a memoria il numero di telefono dei genitori. Bisogna parlare con lui descrivendo quali possano essere i comportamenti tipici utilizzati dai pedofili per avvicinare i bambini: l’offerta di qualcosa che attragga il bambino (regali, dolciumi, piccole somme di denaro), la richiesta di un piccolo aiuto (essere aiutato a portare dei pacchi, etc.), l’offerta di un piccolo lavoretto o di posare per delle fotografie.
Anche nel caso dei bambini più grandi è utile ribadire che NESSUNO può toccarli nelle loro parti intime, per nessun motivo, fosse anche per scherzo!
È fondamentale spiegare loro che in generale un adulto non trascorre molto tempo con un bambino o un ragazzino, che nel momento in cui lo fa bisogna fare attenzione. Se vi sono anche delle figure di riferimento, cioè persone che gravitano attorno ad un bambino o ad un ragazzino per determinate attività (allenatori, animatori, catechisti, etc.), bisogna notare se tali persone trascorrono molto tempo in compagnia del bambino, se si mostrano interessati alla sua amicizia al di fuori dell’attività stessa e se intrattengono con lui delle relazioni privilegiate.
Purtroppo è un dato di fatto che raramente i pedofili sono persone del tutto sconosciute, ed è questa la difficoltà maggiore che possiamo incontrare parlando con i nostri figli, quella di far comprendere loro che devono prestare attenzione anche alle persone a loro più prossime, più vicine, con le quali magari hanno un rapporto affettivo!
È per questo che bisogna descrivere quali siano i comportamenti sospetti, quali siano i limiti che mai vanno superati in modo che il bambino possa osservare tali comportamenti anche nelle persone che lo circondano ed informare i propri genitori.
Infine è sempre utile cogliere l’occasione, per esempio a partire dall’ascolto di eventi di cronaca, per parlare con i propri figli, per riagganciare a fatti avvenuti ciò di cui si è discusso a proposito della pedofilia e dei pericoli che corrono i nostri figli.
Ricordiamoci che il DIALOGO è lo strumento principe che abbiamo per proteggere i nostri figli; costruire con loro una relazione di rispetto, di fiducia e di libertà di espressione è il miglior modo per tutelarli e per garantire loro una crescita serena.

Dott.ssa Roberta La Barbera
Psicologa e Psicoterapeuta